(Angela Sciortino) Identificazione, valorizzazione e tutela delle razze bovine autoctone, ad oggi prive di identità e riconducibili alle razze Cinisara e Modicana. Sono questi gli obiettivi di un programma dedicato alla zootecnia siciliana a cui la Giunta regionale ha manifestato apprezzamento in una delibera approvata lo scorso 25 ottobre.
Il programma, si legge nella delibera, verrà finanziato anche con l’operazione 10.2b del Psr 2014-2020 (il bando è ancora in gestazione), finalizzata alla salvaguardia delle risorse genetiche con progetti realizzati da enti pubblici di ricerca e che prevede l’attivazione di rapporti di collaborazione tecnico-scientifica con gli allevatori siciliani che detengono e allevano capi non riconosciuti e non iscritti al registro anagrafico, che nell’Isola, è scritto nel progetto, rappresentano il 67%.
Su un patrimonio bovino siciliano autoctono che conta circa 350 mila capi, solo 11 mila, si legge ancora nel progetto, appartengono alle razze Cinisara e Modicana, a fronte dei restanti 340 mila catalogati come meticci/incroci o, semplicemente, “razza siciliana”, proprio quella, che insieme ad altre 13 in Italia dovrebbe essere monitorata perché, secondo i parametri Fao, è da considerarsi a rischio di estinzione. Nel programma coinvolti enti pubblici come Istituto per l’Incremento Ippico (Ambelia), Istituto zootecnico sperimentale e Corfilcarni.
«La conoscenza delle razze bovine, patrimonio animale autoctono – afferma il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci – è un primo passo per la salvaguardia genetica e la valorizzazione della filiera zootecnica siciliana, che deve puntare alla qualità, alla tracciabilità e alla sicurezza delle carni».
«La tutela della biodiversità per l’agricoltura e l’alimentazione – aggiunge l’assessore per l’Agricoltura Edy Bandiera – è di interesse strategico per la zootecnia e per lo sviluppo rurale. È fondamentale coniugare la salvaguardia delle risorse genetiche autoctone con la valorizzazione economica della filiera, al fine di affermare e promuovere la qualità delle nostre produzioni».
Critico nei confronti dei presupposti scientifici del progetto, Baldassare Portolano che presso il Dipartimento Saaf dell’Università di Palermo si occupa di zootecnia e più precisamente di selezione e miglioramento genetico delle razze animali: «Impossibile selezionare all’interno di una popolazione di meticci, che proprio perché tali sono frutto di numerosi incroci, soggetti riconducibili a una razza che non esiste più, la siciliana, o alla Modicana o alla Cinisara. Per questi ultimi soggetti, è bene sottolinearlo, dopo il fallimento dell’Associazione regionale allevatori, ci sono stati due anni e mezzo di fermo totale per cui, in assenza dei servizi di base per gli allevatori, non è stato possibile iscrivere nei registri di razza i soggetti che in questo lasso di tempo sono nati. Pertanto è possibile che i numeri della banca dati nazionale gestita dall’Izs di Teramo, non siano perfettamente in linea con la realtà».
Mai come in questi ultimi mesi, comunque, la zootecnia e le aree interne, da sempre cenerentole del comparto primario siciliano, sono state oggetto di attenzione da parte dell’Assessorato regionale all’agricoltura. «Dopo i 54 milioni della conversione dei seminativi in pascoli (operazione 10.1c) che serviranno a premiare per cinque anni gli agricoltori che in totale hanno convertito in pascoli permanenti 30.480 ettari di seminativi – spiega Dario Cartabellotta – dirigente generale del Dipartimento regionale Agricoltura – in dirittura d’arrivo anche i decreti per l’operazione 10.1g per un totale di 15 milioni di euro in cinque anni destinati agli allevatori di razze in pericolo d’estinzione».