(di Angela Sciortino) Fare rinascer l’agricoltura siciliana seguendo un modello capace di coniugare promozione e salvaguardia delle produzioni tipiche e autoctone, produttività, biodiversità e gestione etica della terra. Qualcuno potrebbe definirlo il progetto velleitario di qualche sognatore. Per il Movimento 5 Stelle siciliano è, invece, la visione strategica per trovare una via d’uscita alla crisi di gran parte dei comparti agricoli siciliani. Su questa proposta i 5 Stelle vogliono confrontarsi con gli attori principali dell’agricoltura siciliana il prossimo 7 maggio (inizio ore 9) durante un incontro dal titolo “Un piano rurale siciliano per far rinascere la nostra agricoltura” che si terrà nella sala Piersanti Mattarella di Palazzo dei Normanni.
I lavori, aperti dall’assessore all’agricoltura Edy Bandiera, prevedono interventi esclusivamente pentastellati: l’europarlamentare Ignazio Corrao e le due deputate regionali Valentina Palmeri e Angela Foti.
A sostegno delle tesi esposte durante l’incontro l’agronomo Guido Bissanti, saggista ed esperto in materia di sviluppo sostenibile e agricoltura umanistica, il modello produttivo che, in sostanza, si contrappone all’agricoltura industriale. Il confronto con i protagonisti dell’agricoltura si farà nell’ambito di una tavola rotonda in cui confronteranno le loro esperienze, imprenditori agricoli, rappresentanti delle organizzazioni di categoria e delle associazioni ambientaliste ed esperti del settore.
Il dibattito su quale modello possa essere vincente per un economia agricola, ancora importante per la Sicilia, ma in pericoloso declino (basta pensare alla crisi che ha investito i comparti dell’orticoltura in serra e della cerealicoltura) è quanto mai attuale. Ora che, dopo le promesse e gli impegni dell’attuale Governo regionale, si dovrebbe porre rimedio ad una programmazione dei fondi strutturali che ha escluso e penalizzato un’ampia platea di aziende e in particolare quelle di minori dimensioni che rappresentano la classe di ampiezza più diffusa nella regione.
La proposta su cui i 5 Stelle invitano a riflettere è basata sulla consapevolezza che il modello della moderna agricoltura è caratterizzato da una forte impronta ecologica: cioè consuma molta energia, produce molti gas serra, riduce il grande patrimonio della biodiversità e spesso incide negativamente sulla salute (le merci che arrivano da lontano perdono le qualità organolettiche e nutrizionali e in alcuni casi si caricano di microrganismi nocivi). E, infine, ma non in ordine di importanza, impoverisce le famiglie che basano il loro reddito sull’agricoltura.
E allora? Il modello di produzione agricola in Sicilia – sostengono i pentastellati – va reindirizzato verso tecniche ecosostenibili capaci di salvaguardare la biodiversità. E siccome a maggiori distanze percorse corrisponde una maggiore impronta ecologica (a cominciare dalla maggiore produzione di CO2), l’agricoltura isolana va caratterizzata da una parte promuovendo le produzioni tipiche e autoctone (che tra l’altro richiedono minor controllo chimico) e dall’altra supportando le aziende a conduzione familiare con adeguata ampiezza aziendale.
Non è un modello autarchico quello proposto, ma sicuramente considera importante il mercato interno fatto di quasi sei milioni di consumatori e non snobba il mercato estero dove dovrebbero esportati i prodotti tipici, quelli con un forte legame con il territorio e in buona sostanza irripetibili altrove. Ma anche questo modello agricolo non può fare a meno di risorse idriche adeguate per le colture e di strade di collegamento per il trasporto dei prodotti. Così come non può prescindere dalla rivisitazione della Pac (Politica Agricola Comune) e del Piano di Sviluppo Rurale che finora ha privilegiato solo le aziende di maggiori dimensioni e con una caratterizzazione agro-industriale.