Per contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità, le politiche del Green Deal europeo puntano ad una riduzione dell’utilizzo di fitofarmaci e nutrienti per le piante e ad un aumento delle produzioni biologiche. Uno scenario che però avrebbe conseguenze non di poco conto per le aziende agricole, per le quali si prospetta un futuro caratterizzato da cali della produzione, riduzione dei rendimenti dei raccolti, possibile aumento dei prezzi, incremento delle importazioni di prodotti agricoli provenienti da paesi extraeuropei.
Lo hanno messo nero su bianco un gruppo di ricercatori olandesi che hanno firmato uno studio realizzato dalla Wageningen University & Research e reso noto in questi giorni in un seminario del Copa-Cogeca, l’organizzazione di rappresentanza delle cooperative agricole e degli agricoltori europei. Nella pubblicazione vengono esemplificati gli effetti che potremo aspettarci non appena la Farm to fork e la Strategia sulla biodiversità si tradurranno in atti normativi.
I ricercatori hanno preso in esame sia colture perenni, come mele, olive e agrumi, sia quelle annuali come il pomodoro o il frumento e hanno condotto 27 dettagliati casi di studio in sette paesi dell’Unione Europea, delineando le possibili ricadute sui rendimenti, sulla produzione e sui prezzi. L’impatto è decisamente negativo: in uno scenario che prevede, accanto ad un dimezzamento dell’uso di fitofarmaci e nutrienti per le piante, una percentuale pari almeno al 10% dei terreni agricoli lasciata alla natura, le aziende saranno chiamate a fare i conti con un calo compreso tra il 10% e il 20% della produzione media (in particolare per agrumi e mele) e con un incremento dei prezzi (emblematico il caso del vino e del luppolo).
“In attesa che dalla Commissione Europea giunga una valutazione d’impatto completa sugli effetti delle nuove strategie – commenta Davide Vernocchi, Coordinatore Ortofrutticolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari – una pubblicazione così ampia ed accurata come quella dello studio olandese è di estrema importanza perché contribuisce a rendere più consapevoli i cittadini delle conseguenze di queste scelte. Oltre al calo dei quantitativi, rischiamo di perdere tutta la ricchezza delle biodiversità produttive tipiche dell’area mediterranea. Non solo, molte aziende italiane saranno costrette a non coltivare più le loro mele, mentre vedremo arrivare sulle nostre tavole prodotti provenienti dall’Egitto o dalla Turchia, con requisiti qualitativi decisamente inferiori agli standard europei”. La riduzione nell’uso dei fertilizzanti comporterà infatti una minore resa per ettaro delle produzioni ortofrutticole: se la domanda di cibo mondiale resterà invariata, l’Europa sarà costretta a colmare il divario importando maggiori quantità di prodotti agricoli.
“Gli obiettivi del Green Deal europeo – conclude Vernocchi – sono senz’altro ambiziosi e condivisibili anche rispetto alla tutela della biodiversità, ma valutare i possibili impatti sulla produzione è un esercizio che deve accompagnare ogni scelta politica, in un dialogo e confronto continuo tra produttori e consumatori”.