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Tabacco, Cia: “Servono accordi pluriennali con le multinazionali per tutelare gli agricoltori”
di emilio scibona

Assicurare contratti pluriennali con le grandi manifatture del tabacco per permettere agli agricoltori investimenti sul lungo periodo e ridare valore a un comparto che ha posizionato l’Italia nella top ten mondiale come primo produttore comunitario, grazie a un importante processo di ricerca e innovazione.

Questo l’appello di Cia-Agricoltori Italiani nell’incontro “La filiera del tabacco, quale futuro?”, realizzato insieme a Confagricoltura, Unitab e Japan Tobacco International Italia, alla presenza della ministra Teresa Bellanova.  Secondo Cia, il settore tabacchicolo è in grave crisi e dopo un felice periodo di sviluppo, che ha portato a impiegare 40mila lavoratori, registra negli ultimissimi anni una perdita del 92% delle aziende agricole produttrici, la diminuzione del 62% della superficie coltivata e un calo produttivo complessivo del 50%.

Cia chiede, dunque, al Governo di sostenere la produzione di tabacco italiano per continuare a permettere gli investimenti necessari a un prodotto di alta qualità, nel rispetto delle più severe regole in campo ambientale e sociale. Il tabacco Made in Italy è coltivato, infatti, seguendo rigide norme nell’uso di concimi e diserbanti chimici e offre garanzia di alta sostenibilità.

In Italia, seppur tra mille difficoltà, la produzione del tabacco ha creato un indotto importante anche per tutte le attività legate alla logistica, meccanica e ai servizi finanziari, con ricadute sociali positive anche sul versante dell’occupazionale, grazie all’impiego di manodopera migrante perfettamente integrata e sindacalizzata.

L’accordo realizzato con Japan Tobacco International Italia -7 mln di kg per il 2021- va, dunque, nella giusta direzione ma il comparto ha bisogno di maggiori tutele e sicurezze, che necessitano impegni dalla durata pluriennale. Cia sostiene, infine, la necessità di un percorso partecipato e condiviso tra le istituzioni e tutti gli operatori della filiera riguardo a un maggior equilibrio fra le accise sul tabacco riscaldato e quello tradizionale, senza il quale tutto il settore rischia di essere pesantemente danneggiato, favorendo l’import da Paesi dove il tabacco viene prodotto in precarie condizioni sociali e ambientali (Zimbabwe, Malawi, Brasile)

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