A quasi due anni dall’acutizzazione dell’emergenza siccità, la Sicilia si trova ancora a fare i conti con una crisi idrica strutturale, tra invasi mal gestiti, risorse insufficienti e contraddizioni tra dati incoraggianti e pericoli reali.
Secondo il report dell’Autorità di bacino siciliana, al primo settembre 2025 gli invasi contenevano circa 311,4 milioni di m³ d’acqua, una cifra che rappresenta un +31% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Tuttavia, nel giro di un mese (da luglio a settembre) sono stati prelevati oltre 46 milioni di m³ di acqua. Non tutti i bacini stanno beneficiando allo stesso modo, mentre dighe strategiche come Lentini, Pozzillo e Don Sturzo/Ogliastro mostrano livelli relativamente solidi, altri invasi minori, come Comunelli, Disueri e Zaffarana sono praticamente a secco.
Un paradosso raccontato da più fonti, alcuni invasi non sono collaudati per il pieno volume, e quindi l’acqua accumulata dopo le piogge viene “svasata” perché non è autorizzato l’uso totale.
Lo stesso eurodeputato del Movimento 5 Stelle
Giuseppe Antoci qualche giorno fa ha presentato
un’interrogazione alla Commissione europea (
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“È inaccettabile che ci siano pozzi da riattivare e risorse già stanziate ma, nonostante ciò – dichiara Antoci – non si muove foglia mentre intere comunità affrontano razionamenti d’acqua. Ho chiesto alla Commissione europea di garantire che le risorse stanziate siano utilizzate con efficacia e tempestività – continua Antoci – servono risposte e subito. Questa regione fa acqua da tutte le parti, meno dove servirebbe. I cittadini del trapanese hanno bisogno di acqua, non di annunci – conclude Antoci – e Bruxelles può e deve fare la sua parte.”
La Sicilia occidentale sta attraversando una grave emergenza idrica, con pesanti razionamenti che colpiscono in particolare la provincia di Trapani. Nel territorio di Partanna sono presenti diversi pozzi comunali che, se adeguatamente attrezzati, potrebbero contribuire in modo significativo all’approvvigionamento locale.
Nonostante nel secondo Piano nazionale di emergenza idrica sia stato previsto un intervento di revamping da 600.000 euro, queste infrastrutture risultano ancora inattive.
Siccità e pressioni sul territorio
Nonostante la parziale ripresa degli invasi, la siccità resta un nemico potente. Al 1° settembre 2025, gli invasi avevano quasi 63 milioni di m³ in meno rispetto a settembre 2024. Gli agricoltori lanciano un grido d’allarme per le campagne: la diga Trinità, fondamentale per l’irrigazione, è stata svuotata in modo controverso, con accuse alla Regione di cattiva programmazione e mancanza di manutenzione.
Una crisi idrica che non è solo un problema climatico, cattiva gestione delle risorse idriche e del territorio aggravano gli effetti della siccità.
Nel mese di ottobre, nello specifico, l’Ancipa ha raggiunto i 15,56 mmc. Il lago Arancio 3,52; il Castello 4,40; il Cimia 0,93; il Comunelli 0,00; il Disueli 0,04; il Don Sturzo 29,68; il Fanaco 1,98; il Furore 0,53; il Gammauta 0,09; il Garcia 8,33; il Gorgo 0,26; il Lentini 82,42; il Nicoletti 4,58; l’Olivo 2,76; il Paceco 1,57; il Piana degli Albanesi 7,02; il Piano del Leone 2,55; il Poma 17,94; il Pozillo 2,69; il Prizzi 1,37; il Ragoleto 4,91; il Rosamaria 18,02; il Rubino 1,09; il San Giovanni 3,98; il Santa Rosalia 9,72; lo Scalzano 4,74; lo Sciaguana 4,16, il Trinità 3,60 e il Zafferana 0,01.
Gestione delle risorse: misure straordinarie, ma fragilità strutturali
Le autorità regionali hanno attivato strumenti di emergenza per fronteggiare la crisi.
Dal
10 settembre 2025, sono in vigore
modalità straordinarie di prelievo, autorizzando l’utilizzo anche di volumi “morti”, cioè al di sotto delle quote usuali, in alcuni invasi (
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Il dirigente della Protezione civile regionale e coordinatore della Cabina di regia per la siccità, Salvo Cocina, ha ribadito che la crisi è “seria, ma sotto controllo”. La Cabina si è riunita quasi 100 volte, si lavorerebbe per ridurre le perdite della rete e stanziare investimenti su dighe e dissalatori.
Tra i progetti annunciati ci sono il rifacimento delle reti idriche più vecchie, la costruzione di dissalatori e interventi infrastrutturali per rendere gli invasi più efficienti.
Le “ombre”: mala gestione e criticità strutturali
Non mancano però i punti oscuri che mettono in dubbio la tenuta a lungo termine dello sforzo. Svasamenti non autorizzati, il fatto che alcuni bacini non siano collaudati per il volume massimo significa che anche quando piove tanto, l’acqua extra può essere rapidamente dispersa. Le infrastrutture esistenti non sono sfruttate appieno.
Poi abbiamo i costi ed equità dei prelievi, le modalità straordinarie di prelievo, benché utili, sollevano interrogativi sul costo e sulla sostenibilità: pescare da volumi morti ha implicazioni ecologiche, e non è chiaro se tutte le comunità agricole o residenziali traggano pari beneficio.
Una mancanza di manutenzione, perdite nella rete. Anche se Cocina parla di riduzione, la rete idrica siciliana ha storicamente perdite enormi, parte dell’acqua captata non arriva agli utenti finali, vanificando gli sforzi di accumulo. Secondo dati Anbi, la perdita idrica è un tema centrale per rendere efficaci gli interventi a lungo termine.
Dipendenza da piogge, nonostante il +31% di riserve rispetto al 2024, le autorità locali mettono in guardia: tutto dipenderà dalle piogge autunnali e invernali. Se gli andamenti meteo saranno avversi, la “tregua” attuale rischia di essere temporanea.
Un equilibrio precario tra speranza e rischio
Da un lato, i numeri degli invasi mostrano che la Sicilia non è più “a secco” come un anno fa, le riserve d’acqua sono risalite e le autorità hanno attivato piani di emergenza per sfruttare anche risorse normalmente non utilizzabili.
Dall’altro lato, le contraddizioni di fondo, ovvero le inefficienze infrastrutturali, svasamenti, perdite di rete, queste continuano a minare la resilienza dell’isola. Non basta riempire le dighe, serve una gestione intelligente e sostenibile, altrimenti ogni nuova crisi climatica rischia di riportare il sistema al collasso.
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