Il suolo “beve” tutta la pioggia e non rilascia quasi niente nel reticolo idrografico. Ci vuole davvero una serie ripetuta di perturbazioni per attivare dei deflussi decisivi che riempiano le dighe?
Il 2023 in particolare, ma gli ultimi anni in generale, hanno messo in evidenza delle anomalie sicuramente non trascurabili. E’ stato un anno molto critico sul fronte della siccità, risultando il meno piovoso dal 1921. Dagli invasi a secco all’acqua razionata, la Sicilia rimane ancora a rischio siccità. Insediata l’unità di crisi regionale sull’agricoltura si prospetta un anno in cui l’obiettivo primario è quello di individuare le strategie di intervento per il superamento delle emergenze che sta vivendo il settore. La siccità è un problema di cui la nostra Isola ha sempre sofferto, ma sicuramente mai come in questo momento urge trovare delle soluzioni.
Unica regione in allerta rossa, il governo regionale sta attuando misure per contenere l’emergenza ma la consapevolezza che le piogge eventuali non saranno sufficienti c’è.
Ci sono state anomalie marcate soprattutto per ciò che riguarda l’aumento delle temperature, che con venti e precipitazioni creano un quadro che rende le coltivazioni soggette sempre di più ad un rischio climatico. E’ importante osservare e quantificare queste anomalie per capire fino a che punto si tratti di fenomeni che possono essere affrontati con azioni di adattamento, come una migliore organizzazione dell’attività irrigua, per esempio, o se in realtà ci troviamo davanti a situazioni non episodiche ma che cominciano ad essere permanenti per così diventare scenari futuri.
Il punto principale è che di sicuro non si può fare affidamento sul clima né troppo sui dati, in quanto da quello che emerge dal rapporto sul clima del 2023, le piogge dell’anno sono state pari a 588 mm, cifra che ricade nella media climatica ma che nasconde la distribuzione temporale e territoriale degli eventi.
“Veniamo da un periodo eccezionalmente povero di piogge, soprattutto per ciò che riguarda il secondo semestre, una situazione che non si era quasi mai verificata prima“. afferma Luigi Pasotti, dirigente del Sias (Servizio informativo agrometeorologico siciliano). Questo 2023 di per se non solo ha avuto meno piogge del normale, ma anche la distribuzione è stata anomala con concentrazioni poco omogenee.
Con un febbraio sotto la morsa del ciclone Helios nella parte sud orientale dell’Isola e un maggio più piovoso di sempre non si è riusciti a sopperire al problema e i benefici sono durati veramente poco, a questo si è aggiunto un ottobre molto asciutto. “Sono mancate le piogge autunnali che normalmente sono quelle che permettono di ricostituire le riserve sia negli invasi che nelle falde. Questa mancanza ha generato conseguenze dirette su alcune coltivazioni, in particolare sugli agrumi che hanno raggiunto una pezzatura più piccola del normale e le olive che non hanno completato la loro maturazione. I pascoli, inoltre, non hanno prodotto foraggio e quello che in un primo momento è riuscito a sopravvivere è stato danneggiato dalle piogge di maggio”.
Una seconda conseguenza è quella sull’aggravio dei costi, molti agricoltori che avevano a disposizione dei pozzi hanno potuto utilizzare l’acqua ma a costi veramente elevati. Quindi, una “depressione” su due fronti, soprattutto nelle zone interne delle province di Catania e Enna dove il seminato è tuttora in forte sofferenza.
L’altra faccia della medaglia è forse ancora più drammatica. Il suolo ha ‘assorbito‘ la gran parte dell’acqua quindi non ci sono stati flussi significativi verso gli invasi. La pioggia caduta in questi primi due mesi del 2024 è riuscita a recuperare in parte il deficit idrico dei suoli che erano completamente secchi ma non è stato abbastanza, una situazione preoccupante per quanto riguarda la diga Pozzillo (Enna) e il lago Ogliastro (confine tra Catania e Enna) in particolare, invasi che si trovano in una posizione strategica per la Sicilia orientale.
“Una delle soluzioni potrebbe essere quello dell’utilizzo di acque reflue, esistono delle norme che permettono di utilizzare acque che provengono da depuratori ottimamente funzionanti, acque di buona qualità che non danneggiano la fertilità del suolo. Già in alcuni comuni si sta lavorando a riguardo. Si parla spesso di dissalatori ma a riguardo mi sento di dire che si tratta di una prospettiva molto più lontana da una realizzabilità a breve termine per il semplice fatto che si tratta di impianti complessi che normalmente vengono attivati per l’uso potabile. I costi di impianto e gestione sono concepibili solo per coltivazioni ad alto reddito e valore aggiunto“.
Cosa ci aspetta nei prossimi mesi?
E’ difficile prevedere ciò che ci aspetta. Anche nei primi mesi dello scorso anno ci trovavamo di fronte ad una situazione analoga. La primavera era stata povera di piogge e la situazione invasi era abbastanza preoccupante. Saranno necessarie altre piogge per poter prevedere una stagione non critica per l’irrigazione. “Al momento il deficit di pioggia e di 200-250 millimetri, se piovesse nella norma resterebbe una situazione non soddisfacente di riempimento degli invasi, servirebbe un periodo di pioggia molto intenso per tornare a pareggio con il bilancio“. E’ uno degli scenari da tenere presente.
“Non possiamo fare altro che osservare il decorso delle prossime settimane e prepararci a razionalizzare l’uso delle riserve di acqua che ci restano e attivare iniziative che ci permettano di sfruttare fonti alternative. Reflue o acque sotterranee con tutte le attenzioni necessarie perché anche questo potrebbe avere delle controindicazioni“.
Ciò impone di ridurre gli sprechi già da questo momento, un’abitudine che gli agricoltori hanno già per prevenire le perdite. Bisogna quindi lavorare su tutti i livelli, un impegno che devono prendere agricoltori e non.