(di Angela Sciortino) La siccità del 2002, gli agricoltori e gli allevatori siciliani se la ricordano ancora. Le produzioni scesero a un livello mai toccato, il bestiame rischiava di morire perché con i pascoli e i prati che non avevano prodotto abbastanza foraggio, gli allevatori erano costretti ad acquistarlo oltre lo Stretto. La domanda sempre crescente aveva fatto lievitare i prezzi che, con l’aggiunta dei costi del trasporto, diventavano proibitivi.
Venne emessa perfino un’ordinanza della Protezione Civile (la 3224 del 28 giugno 2002), che servì ad alleviare le enormi difficoltà degli allevatori. Con fondi per l’acquisto di foraggio e mangimi e contributi da corrispondere agli allevatori per le perdite dei capi di bestiame. Era previsto pure l’abbattimento selettivo degli animali improduttivi con indennizzo per gli allevatori e costi a carico della collettività per l’ammasso o la distruzione delle carcasse. Serviva a contenere le necessità di foraggi e mangimi che dovevano essere riservati – vista la penuria – ai capi in produzione.
Quella del 2002, però, arrivò dopo quattro anni in cui le piogge furono davvero scarse e ben al di sotto delle medie stagionali. Quella che si teme per il 2017, si presenta altrettanto grave, ma non ha alle spalle una situazione di analoga criticità per quanto le precipitazioni atmosferiche. Evidentemente qualcosa non ha funzionato nella gestione e nella manutenzione degli invasi e delle condotte e nella captazione di importanti sorgenti, per arrivare ora al razionamento dell’acqua potabile per Palermo e presto all’ennesima competizione tra città e campagna a cominciare proprio dall’areale palermitano.
Finalmente e per fortuna la pioggia è arrivata. E lascia ben sperare. Ma fino a una settimana fa il pessimismo era più che giustificato. Perché mese dopo mese, il deficit di precipitazioni che interessa la Sicilia ormai da due anni, è andato via via peggiorando. Le ultime piogge abbondanti risalgono, infatti, a gennaio dello scorso anno. Dopo è un susseguirsi di mesi in cui le medie di piovosità si sono sempre attestate al di sotto delle medie.
Spiegata, quindi, la siccità. Che non è solo quella “agricola” provocata dall’esaurimento nei suoli dell’acqua facilmente disponibile per le colture. C’è pure quella “idrologica” che deve preoccupare di più: si sono in pratica esaurite le riserve idriche dei grandi invasi a cui l’agricoltura attinge quando piove di meno o non piove affatto, come in estate.
Già nel 2016 la siccità “agricola”, quella di breve-medio termine che in genere rientra in autunno con le prime piogge significative, aveva interessato buona parte della Sicilia, specie il settore settentrionale e le aree interne comprese tra le provincie di Catania, Enna e Caltanissetta. Venne interrotta dalle piogge abbondanti di gennaio 2017, ma dopo è seguita una primavera eccezionalmente asciutta e un’estate secca particolarmente prolungata. Un dato per tutti serve a far comprendere il dramma: in gran parte della provincia di Trapani non è piovuto per oltre 150 giorni consecutivi tra l’inizio di aprile e l’inizio di settembre.
I dati aggiornati al 31 gennaio, forniti dall’Osservatorio delle Acque presso il Dipartimento Regionale Acqua e Rifiuti, mettono in evidenza come in vaste aree dell’isola negli ultimi 12 mesi siano caduti meno di 500 mm di pioggia. Grave la situazione dell’area tra le province di Catania ed Enna dove addirittura ne sono caduti solo poco più di 200 mm.
Dopo che molti agricoltori hanno dovuto ripetere la semina del grano e gli allevatori sono alle prese con le produzioni quasi nulle di prati e pascoli, preoccupano le prospettive per l’estate. Le risorse disponibili negli difficilmente potranno soddisfare la domanda irrigua delle colture arboree e delle colture ortive.
Dunque? Dovremo aspettarci la limitazione delle superfici destinate agli ortaggi estivi. E per le colture arboree ci si dovrà accontentare di irrigazioni di soccorso. Ci aspetta, dunque, ancora un annus horribilis per le nostre migliori produzioni, agrumi, vite, olio.