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Rigenerare i suoli “colpiti” dalla desertificazione: la Sicilia al centro dello studio
di Roberta Mannino

La Sicilia, ogni anno, è vittima di roghi che compromettono la sua vegetazione. Ogni terreno incendiato, porta ad una conseguenza davvero disastrosa: viene compromessa la crescita della vegetazione e dunque si arriverebbe alla desertificazione.

 

L’obiettivo è quello di rigenerare questi suoli “colpiti” dalla desertificazione e dalla siccità.
Nel corso del convengo dal titolo “Land Degradation Neutraly: The Sicilia’s Case Study” che si è tenuto nella sala conferenze del Palazzo Leandro-Scalisi del Comune di Floresta e in collegamento con il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania, è stato trattato proprio questo argomento anche in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla siccità e alla desertificazione.

 

La Sicilia, come già detto, è una delle aree a maggior rischio desertificazione secondo gli esperti e nel corso dei lavori – moderati dall’ing. Francesco Cancellieri, in veste di coordinatore dell’area tematica “Aree Protette ed Ecoregioni” della Società Italiana di Geologia Ambientale, e dalla dott.ssa Chiara Lo Cicero – i relatori hanno proposto di mettere a frutto le conoscenze scientifiche maturate sino ad oggi integrate con un nuovo concetto di zona svantaggiata ed, in particolar modo, investire sui Borghi ad Economia Speciale tramite un progetto di manutenzione dei territori comunali a maggiore rischio desertificazione con selezione di quelli più fragili.

 

«Le piccole comunità sono la chiave di volta per avviare un processo virtuoso che consiste nell’individuare in maniera obiettivo i borghi che potrebbero beneficiare di un processo rigenerativo dei suoli – spiega la prof.ssa Maria Alessandra Ragusa dell’Università di Catania e presidente del comitato scientifico dell’Istituto di Ricerca, Sviluppo e Sperimentazione sull’Ambiente ed il Territorio -. Se il progetto verrà gestito correttamente porterà benefici vari come fermare lo spopolamento, ricostituire i presidi montani, mitigare il dissesto idrogeologico e rivitalizzare le colture di eccellenza tutelando il patrimonio genetico agrotecnico. Si potrà persino frenare l’emorragia di giovani che vanno via a causa della crescita esponenziale della disoccupazione e migliorare la qualità di vita degli anziani che restando non beneficiano di adeguati servizi».

 

«La Sicilia deve diventare competitiva e, grazie agli atenei siciliani, deve investire sempre di più sull’alta formazione finalizzata alla ricerca applicata – aggiunto -. Abbiamo un “Brand Sicilia” che coniuga turismo, beni culturali e prodotti agroalimentari tipici. Molti borghi siciliani sono scrigni di storia, cultura, arte e presidi slow food impegnati nel recupero e la salvaguardia di piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall’agricoltura industriale e dal degrado ambientale. Il progetto dei borghi potrebbe essere la chiave di volta per creare un’inversione di tendenza e dare una concreta risposta al rischio desertificazione che se non si può sconfiggere di certo si può almeno mitigare in quanto abbiamo le conoscenze scientifiche e gli strumenti per intervenire».

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