(di Angela Sciortino) Un quarto di secolo. Da tanto dura la gestione commissariale dei Consorzi di Bonifica siciliani. Durante questi cinque lustri sono cambiati solo i commissari e il numero delle strutture che da undici sono state ridotte a due. Ma nulla è cambiato circa i costi e alla situazione debitoria che per ogni anno che passa può solo aumentare. «A quando la tanto sbandierata riforma?», chiede Rosa Giovanna Castagna, coordinatrice regionale di Agrinsieme Sicilia, organismo di coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri ed Alleanza delle cooperative.
Ogni governo che si è succeduto durante gli ultimi venticinque anni ha solennemente promesso una radicale riforma dei Consorzi di Bonifica e soprattutto il ritorno alla normalità, ovvero alla gestione ordinaria in capo agli agricoltori come avviene negli altri consorzi di bonifica del resto d’Italia. Anche il governo Musumeci ha presentato qualche mese fa una proposta di legge che giace all’Ars e che deve seguire ancora una lunga trafila prima di potere essere discussa in Aula.
Gli agricoltori però non ammettono più ritardi (e neanche i dipendenti ce la fanno più ad aspettare). «Ora – afferma Castagna – bisogna con urgenza andare oltre e ristabilire il governo degli agricoltori favorendo un percorso che chiuda la vecchia gestione carica di debiti e consegni agli utenti agricoltori i consorzi liberi da tutte le incrostazioni».
Con la legge regionale di stabilità del 2014 è stato definito l’ambito territoriale di operatività dei Consorzi di bonifica attraverso la costituzione di due organismi, uno per la Sicilia occidentale comprendente le strutture di Trapani, Palermo, Agrigento, Caltanissetta e Gela e l’altro per la Sicilia orientale raggruppando i consorzi di Enna, Caltagirone, Ragusa, Catania, Siracusa e Messina. «La conseguenza di questa iniziativa – ricorda la coordinatrice di Agrinsieme – ha portato alla riduzione dei commissari, da 11 a 2, lasciando invariate tutte le criticità del sistema».
Con la finanziaria regionale successiva è stata approvata la norma che impone, a partire dal 2020, il pareggio di bilancio degli enti di bonifica ed il contestuale progressivo abbattimento del contributo regionale. «La stessa filosofia di intervento viene riproposta con l’ultima proposta di legge di riforma depositata all’Ars. Tutto ciò non ha fatto altro che scaricare sugli utenti il frutto di cattive gestioni ed aumenti spropositati di ruoli che non sono commisurati all’effettivo beneficio ricevuto. Gli agricoltori non possono sostenere gli attuali canoni irrigui».
Altra nota dolente è quella dell’indebitamento che secondo le ultime stime note dovrebbe addirittura superare i 100 milioni di euro. Secondo Agrinsieme “se serve un mutuo, questo va fatto per azzerare il pregresso e non per mantenere in vita il sistema attuale”. Di conseguenza, prosegue Agrinsieme, “è necessario definire ed aggiornare l’entità precisa del debito complessivo accumulato ad una data prestabilita, possibilmente coincidente con quella di liquidazione degli organismi”.
Era già stata avversata all’epoca della sua discussione all’Ars, ma adesso più che mai secondo il coordinamento di Cia, Confagricoltura, Copagri ed Alleanza delle cooperative “è necessario intervenire tempestivamente per abrogare l’art. 47, comma 11 della legge di stabilità del 2015”, la norma che ha previsto la progressiva eliminazione della partecipazione regionale ai costi di gestione, così come “devono essere sospesi immediatamente tutti i ruoli consortili che sono stati emessi tenendo conto della mancata contribuzione della Regione”. Gli agricoltori, in sostanza, sono disposti a pagarli, ma solo dopo il loro ricalcolo.
«Serve una strategia di fondo che guidi nelle azioni capaci di mettere finalmente fine ad una pagina oscura della bonifica in Sicilia», dichiara Rosa Giovanna Castagna.
Gli agricoltori, insomma, chiedono che venga messo ordine nei servizi e nella gestione, garantendo le manutenzioni su reti obsolete, superando vecchi e dispendiosi sistemi di distribuzioni in alcune aree, mettendo in sicurezza e completando gli invasi, definendo una pianta organica di bacino che individui i reali bisogni dell’ente, provvedendo alla redazione e gestione dei piani di classifica per il riparto dei contributi, individuando i diversi tipi di intervento per l’utenza agricola ed extra agricola, affinché tutti paghino, si paghi quanto dovuto e in virtù dei benefici ricevuti.
«In un contesto di vera riforma e di responsabile condivisione del percorso – afferma la coordinatrice di Agrinsieme – gli agricoltori come sempre sono pronti a fare la propria parte».