(di Angela Sciortino) Erano tre i giorni di sciopero annunciati dai dipendenti dell’Istituto regionale Vini e Oli di Sicilia. A questi ne sarebbero seguiti altri con la proclamazione dello sciopero ad oltranza fino a quando non si fosse sbloccato l’impasse burocratico che ha li ha tenuti senza stipendi per tre mesi. È da marzo, infatti, che aspettano il pagamento dello stipendio e molti sono davvero alle strette con rate di mutuo scadute, bollette non pagate e ricorso a prestiti di amici e parenti.
Il terzo giorno di sciopero previsto per giovedì 14 giugno però non ci sarà: «La protesta è rientrata – spiegano i rappresentanti sindacali – perché abbiamo avuto notizia che il mandato di pagamento all’Istituto è stato predisposto dall’ufficio ragioneria dell’assessorato all’Agricoltura». Questione di qualche giorno, quindi, e le spettanze saranno accreditate. Rientra così anche il temuto blocco della certificazione e il controllo dei vini siciliani a Doc e degli oli di Sicilia a Igp.
L’ Irvos, com’è noto, da tempo è interessato da una gestione commissariale: da oltre sei anni manca un Consiglio di Amministrazione che, come prevede lo statuto dell’ente, dovrebbe programmare e rilanciare le attività istituzionali più prestigiose tra cui ricerca scientifica e attività promozionali.
L’ente che è stato al centro di una grossa polemica in occasione dell’approvazione dell’ultima legge di stabilità, ha rischiato grosso. In molti tra i dipendenti hanno temuto la chiusura, mentre forse altri gongolavano all’idea di potere passare tra le fila dei regionali.
La vicenda dei debiti accumulati negli anni passati (somma vicina ai 5 milioni di euro) che ha messo a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’Istituto regionale del Vino e dell’Olio della Sicilia e che aveva fatto dichiarare al presidente della Regione Nello Musumeci «Lo rifinanziamo, ma è l’ultima possibilità. Se non tornerà ai fasti del passato, non ci sarà un’altra opportunità», ha una genesi tutta politica a cui, poi, si sono aggiunte alcune leggerezze gestionali.
Negli ultimi anni, infatti, l’Ars ha deliberatamente messo all’angolo sia l’ente che si occupa di vino e di olio sia gli altri enti strumentali della Regione che dovrebbero/potrebbero essere di supporto all’agricoltura. Piuttosto che rimetterli in pista rinnovando vision generale e indicando mission precise, all’Assemblea regionale siciliana hanno preferito posteggiarli. Assegnando loro somme appena sufficienti (e spesso neanche quelle) per pagare le spese obbligatorie (stipendi, oneri sociali, funzionamento ordinario). Niente altro. Come se la ricerca, il trasferimento dell’innovazione, la promozione e la consulenza alle aziende non comporti costi che vanno oltre quelli del personale.
Ora, mentre la dirigenza dell’Istituto briga da un paio d’anni per risanare il bilancio, se il presidente Nello Musumeci, vuole davvero che l’Istituto torni ai fasti del passato riferendosi, come è lecito immaginarsi, al periodo d’oro della presidenza Planeta, dovrà trovare quattrini per finanziare le attività di prestigio e soggetti capaci di lungimiranti visioni e a cui non servono per campare i gettoni dei Consigli di amministrazione.