Negli ultimi 10 anni il valore delle esportazioni di cibi e bevande è quasi raddoppiato (+81%), passando dai 33,5 miliardi del 2013 a 60,7 miliardi del 2022, con un ritmo di crescita di quasi il 7% l’anno, a fronte di un incremento del 5,4% delle vendite complessive.
È uno dei dati che emerge dall’analisi di Ismea. Nel 2020, con lo scoppio della pandemia, è riuscito comunque a mettere a segno una crescita del 3,2%, in controtendenza rispetto al resto dell’economia (-9,1%).
Il rapporto analizza un gruppo di 20 prodotti che con quasi 28 miliardi di euro, rappresenta il 53% del valore totale dell’export nel 2021; i primi cinque sono vini in bottiglia, paste alimentari secche, tabacco lavorato, formaggi stagionati e prodotti della panetteria e pasticceria. Anche nel 2022, pasta, formaggi freschi e grattugiati, pomodori pelati, polpe e passate, riso, caffè, acque minerali e spumanti sono tra i prodotti che registrano i maggiori aumenti delle esportazioni, con variazioni in valore comprese tra il +19,4% degli spumanti e il +38,4% della pasta, positive anche quelle delle quantità.
Per quanto riguarda i comparti merceologici, dei 24 che compongono i flussi di scambio complessivi, appena 6 di essi (bevande, derivati dei cereali, latte e derivati, preparazioni di ortaggi e frutta, frutta, e altre preparazioni alimentari) catturano nel 2021 più di due terzi del valore complessivo e pesano singolarmente più del 5% sulle esportazioni totali. A crescere di più nel periodo 2017-21 sono stati salse, sughi, minestre e gelati (+9,1% medio annuo); derivati dei cereali (+7,8%); latte e derivati (+8,2%); inferiore alla media frutta (+1,2%), ortaggi (+4,1%) derivati ortofrutticoli (+4,9%) e carni (+2,5%).
Per la presenza dei prodotti del made in Italy agroalimentare sui mercati esteri, la quota di mercato delle esportazioni globali del settore, aumenta del 3,25% dopo il livello minimo di 2,8% nel 2012. Un aumento rilevante, trattandosi del peso di un singolo Paese sugli scambi alimentari di tutto il mondo e che, dietro pochi punti decimali di crescita, cela un progresso economico di diversi miliardi, frutto di aumenti consisteti dei flussi delle vendite in valore assoluto. Un successo, spiega il rapporto dell’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare “dovuto alla capacità del sistema alimentare italiano di sfruttare meglio i propri vantaggi competitivi, in termini di prezzi e attrattività dei prodotti“.
Negli ultimi 5 anni, il grado di penetrazione è aumentata nei primi 20 mercati di riferimento, ad eccezione di quello cinese principale importatore mondiale. Si registra oltre l’8% nel 2021 nei tradizionali partner europei, e a seguire nel Regno Unito, in Polonia e in Spagna. Uno share superiore alla media (3,25%) anche in Giappone, Belgio, Russia e Stati Uniti; resta ancora molto basso sfiorando lo 0,5% soprattutto Cina, Indonesia, Vietnam, India e Messico.
I 20 prodotti più rappresentativi del paniere made in Italy, sono pelati e polpe di pomodoro e pasta, per i quali l’Italia è leader mondiale assoluto, soddisfacendo rispettivamente l’85% e il 46% della domanda; quote tra il 20% e il 40% per paste alimentari farcite, tabacco lavorato, passate e concentrati di pomodoro, vini spumanti, acque minerali, olio d’oliva extravergine e vini in bottiglia; quote medio alte tra l’11 e il 16% per formaggi freschi e latticini, caffè torrefatto, preparazioni e conserve suine, cialde, mele e cioccolata.