(di Redazione) Si è concluso a Palermo, all’Astoria Palace Hotel il convegno “Grani antichi e ipersensibilità al glutine”: due giorni, 15 e 16 settembre, durante i quali specialisti nazionali e internazionali si sono confrontati sulla riscoperta dei “grani antichi”e sugli effetti che quest’ultimi esercitano sul metabolismo corporeo, concentrandosi in particolare sull’ipersensibilità al glutine.
L’iniziativa è stata organizzata dall’Ordine dei Medici della Provincia di Palermo con il coordinamento scientifico di Antonio Carroccio (direttore Uoc medicina interna dell’ospedale Giovanni Paolo II di Sciacca), Giuseppe Disclafani (area Gastroenterologia Nazionale Simg) e Giuseppe Russo (biologo ricercatore del Consorzio di Ricerca Gian Pietro Ballatore di Palermo).
Al centro degli interventi, il valore salutistico e nutrizionale dei “grani antichi”, sulla base delle tipologie di cereali già diffuse in Italia prima della “rivoluzione verde” degli anni ’70 e la cui riscoperta, da alcuni anni a questa parte, è sempre più premiata da varie fasce di consumatori che li preferiscono, sia sotto il profilo economico che sotto quello del benessere fisico. In molti, infatti, pur non soffrendo di patologie come la celiachia, accusano una variegata gamma di infiammazioni riconducibili, spesso, a delle scorrette abitudini alimentari. Spesso, a causa di informazioni errate, provenienti soprattutto dal web, molti tendono ad escludere i cerali dalla propria dieta.
Il convegno è stato organizzato anche per far luce su queste problematiche. «Oggi, una dieta totalmente priva di glutine anche in soggetti non ipersensibili, più che una necessità, è diventata una moda», ha spiegato la dottoressa Anna Sapone, del Massachusetts General Hospital Boston.
La ricerca, in realtà, mostra come il glutine contenga tutta una serie di proteine importantissime per il nostro organismo e di cui sono ricchi proprio i “grani antichi”, che vanno a rafforzare ulteriormente la posizione di assoluta centralità della dieta mediterranea come migliore soluzione alimentare possibile.
«Dieta mediterranea significa ritorno alle nostre origini, e quindi tempo da dedicare al proprio benessere – ha spiegato Alessio Fasano, anche lui del Massachusetts General Hospital Boston – e si inquadra in una battaglia innanzitutto culturale: oggi, l’abitudine è sempre più quella di delegare a qualcun altro, ma il nostro scopo finale non deve essere quello di vivere più a lungo, bensì di vivere più a lungo in salute».
«In Sicilia – ha sottolineato in proposito il biologo Giuseppe Russo – abbiamo finalmente applicato una normativa esistente, riattivando il fondamentale processo di certificazione della filiera produttiva dei “grani antichi”: chi acquisita saprà, così, esattamente cosa sta comprando, da dove proviene e da quali processi produttivi è stato interessato».
Claudia Miceli, responsabile per la Sicilia del servizio di certificazione nazionale delle sementi riporta alla realtà: «Ad oggi, di tutta la superficie agricola siciliana destinata a frumento (che ogni anno è pari a 250 mila ettari, n.d.r.), sono soltanto 20 gli ettari certificati da cui si ottengono sementi di “grani antichi” con la prospettiva che vengano aumentati fino a 60 nel corso del 2018».
Tra le varie tesi scientifiche analizzate dai relatori, durante le due giornate del convegno, sono state messe descritte quelle che evidenziano come molte varietà “antiche” di grano registrino un glutine privo di frammenti tossici, quelli che sono coinvolti sia nella risposta celiaca che nei processi delle intolleranze. «Questa affermazione – ha concluso Russo – è stata automaticamente estesa alle varietà locali siciliane sulle quali, sebbene sia ipotizzabile la stessa caratteristica, non possediamo ancora dati oggettivi e studi definitivi che consentano di misurare la migliore tolleranza da parte dei soggetti che manifestano la cosiddetta sensibilità al glutine, ovvero la gluten sensitivity». Insomma, per avere la certezza scientifica è ancora presto e così il mondo della ricerca continua le sue indagini.