(di Luigi Noto) Sono stati consegnati a Roma nella Protomoteca del Campidoglio i riconoscimenti di Bandiera Verde Agricoltura 2018, il Premio promosso da Cia-Agricoltori Italiani, giunto alla XVI edizione.
Nella top ten tutte aziende agricole il cui segreto del successo risiede nella diversificazione di qualità. Sono imprese multitasking – multifunzionale nel linguaggio agricolo – che non solo producono dai campi, ma preservano ambiente e territorio e li qualificano con l’attività turistica, di trasformazione, di vendita, sociale. «D’altra parte – spiega Cia – oggi il contributo della multifunzionalità al reddito agricolo vale un quarto delle entrate complessive e può arrivare fino al 50% nelle aziende a ciclo chiuso, che dal campo arrivano fino a tavola». «Le nostre Bandiere Verdi – spiega il presidente nazionale Cia Dino Scanavino- sono la testimonianza concreta delle evoluzioni dell’agricoltura italiana, che cresce e si rinnova tra due pilastri fondamentali: la difesa di ambiente e paesaggio e la custodia di biodiversità e tradizioni rurali».
Al vertice della classifica, purtroppo nessuna azienda siciliana, ma tra le sei iniziative strategiche extra-aziendali alla categoria Agri-Park troviamo il Parco regionale dei Nebrodi che è stato insignito della Bandiera verde perché in esso “la conservazione del paesaggio, motivo fondamentale dell’istituzione del’Ente, si realizza in senso dinamico, grazie a tutti quegli interventi volti all’uso compatibile delle risorse e alla loro valorizzazione e nel Parco, la biodiversità va vista non solo come patrimonio da preservare, ma anche come valore da sostenere e utilizzare come leva per lo sviluppo del territorio. Un approccio vincente dove la mera conservazione cede il passo alla proattività verso un futuro più brillante per le aree interne”.
Tra i premi speciali poi, l’Agroittica di Salvatore Algozino in provincia di Enna, esperienza innovativa che, con l’acquacoltura, affianca e integra l’attività agricola il tutto in un’ottica di sostenibilità. L’azienda nasce nel 1994 come azienda olivicola e nel 2011, grazie all’abbondanza e alla qualità delle sue fonti di approvvigionamento idrico, decide di integrare la produzione di olive da olio e da mensa con l’acquacoltura in acque dolci. Ciò, con l’obiettivo di fornire al mercato prodotti ittici da acquacoltura biologica destinati al consumo e al ripopolamento-riequilibrio delle acque pubbliche. L’azienda dispone di strutture adibite all’allevamento, dotato dei reparti di incubatoio, avannotteria, preingrasso e ingrasso della trota di varie specie oltre a zone di allevamento per storioni, anguille e specie ornamentali per acquariofilìa, con una capacità produttiva totale di circa 5 tonnellate/anno. È così che è stata riportata alla luce l’antica tradizione gastronomica dell’azienda agricola che integrava la dieta agreste delle aree interne della Sicilia con il consumo delle specie ittiche e delle rane, storicamente presenti nella vasca di irrigazione dell’antica masseria e nel fiume Dittaino che la lambisce.