Sono più che raddoppiati (+164%) gli sbarchi in Italia di derivati di pomodoro in arrivo dalla Cina per un totale che alla fine dell’anno potrebbe superare i 100 milioni di chili, pari a circa il 15% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente.
E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi 5 mesi mentre è in pieno svolgimento la raccolta del pomodoro nazionale stimata in oltre i 5 milioni e 600mila tonnellate, il 10% in più dello scorso anno per l’aumento delle superfici coltivate sotto la spinta del boom della domanda in Italia e all’estero nell’anno della pandemia. La produzione nazionale di ottima qualità e quantità è importante – sottolinea la Coldiretti – anche per ripristinare le scorte di magazzino diminuite durante il lockdown per l’incremento dei consumi sia in Italia sia all’estero.
L’Italia produce oltre la metà di tutto il pomodoro lavorato nell’Unione Europea ed è il terzo produttore mondiale con il 13% del totale, subito dietro la Cina che ne raccoglie il 15% che è seconda, mentre al primo posto ci sono gli Stati Uniti con la California con il 27%. Dietro all’Italia ci sono la Spagna e la Turchia con il 7% della raccolta mondiale, quindi Brasile (4%), Iran e Portogallo con il 3% ognuno. Le superfici coltivate a pomodoro da industria in Italia superano i 78mila ettari di cui quasi la metà al Nord con 38.621 ettari e il resto nel Mezzogiorno. La Puglia è la principale regione produttrice seguita dall’Emila Romagna e dalla Campania.
A preoccupare – continua la Coldiretti – sono gli arrivi dalla Cina che è il primo fornitore dell’Italia con quasi la metà degli arrivi di prodotto semilavorato estero, seguita dagli Stati Uniti, dalla Spagna e dalla Turchia in rapida crescita nell’ultimo anno. Il rischio – precisa la Coldiretti – è che il prodotto importato venga spacciato sui mercati nazionali ed esteri come Made in Italy con gravi danni al prodotto nazionale in termini di mercato e di immagine. Dalla Cina – continua la Coldiretti – si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro da rilavorare e confezionare.
Un commercio che va controllato attentamente – precisa la Coldiretti – per evitare che possa nascondere frodi o inganni. In Italia esiste l’obbligo di etichettatura con il luogo di coltivazione del pomodoro utilizzato per i derivati che hanno le rosse bacche come unico o principale ingrediente, ma nulla è previsto per i prodotti destinati all’ estero. I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti. Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine – spiega la Coldiretti – le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.
Il pomodoro apparve in Europa nella prima metà del’500 in Spagna dove venne usato prima come pianta ornamentale o medicinale e a scopo di studio negli orti botanici e solo successive selezioni varietali portarono il pomodoro alla sua completa commestibilità. L’Italia – evidenzia Coldiretti – fu il primo paese europeo, dopo la Spagna, a conoscere il pomodoro quando il 31 ottobre 1548 a Pisa Cosimo de’ Medici riceve dalla tenuta fiorentina di Torre del Gallo un cesto di pomodori nati da semi donati alla moglie, Eleonora di Toledo, dal padre, Viceré del Regno di Napoli, ma è nell’800 – conclude la Coldiretti – che la coltivazione si diffonde in maniera sempre più ampia fino ai giorni nostri grazie anche al successo della pizza Made in Italy e della Dieta Mediterranea entrambe diventate patrimonio dell’umanità dell’Unesco.