Arrivano le piogge, ma si fa sempre più evidente che non basteranno a sanare gli oltre 100 giorni di siccità nei campi, se non saranno omogenee, costanti e prolungate. Servirebbero almeno 100 millimetri di acqua nell’arco di una settimana per dare respiro ai terreni arati o seminati da Nord a Sud del Paese e, in particolare, nell’Emilia–Romagna ortofrutticola e seconda in Italia per produzione di cereali. Ora è in deficit estremo di precipitazioni e senza il Po, alle prese con la più grave magra invernale degli ultimi 30 anni. Qui, la siccità ha fatto già fuori il 50% del grano precoce, sia duro che tenero, in una stagione già instabile per l’assenza di import dall’Ucraina in guerra, e granaio d’Europa. Per Cia-Agricoltori Italiani, è l’ennesima prova che la crisi idrica va affrontata con piani europei di adattamento climatico, più ricerca e innovazione a portata delle aziende agricole e con una nuova rete idraulica per il Paese.
Al momento -precisa, infatti, Cia- le piogge, sparse e intermittenti, hanno investito prima il Centro–Nord e parzialmente il Centro–Sud, ma comunque a macchia di leopardo, bagnando poco intere aree come per esempio il ferrarese, il basso bolognese e ravennate, territori trainanti nella produzione di grano con ottime rese a ettaro e un incremento medio del 20% nel 2021. Percentuali ora a rischio per le condizioni meteo degli ultimi 12 mesi che in Emilia-Romagna, dove piove ormai meno che in Israele, hanno fatto registrare appena 392 millimetri d’acqua e solo 25-28 nelle ultime 48 ore, quantità quest’ultime appena sufficienti a sciogliere il concime e far crescere il mais. E solo un piccolo ristoro per il grano tenero e altre colture in stagione vegetativa.
I cambiamenti climatici, dunque -sottolinea Cia- stanno modificando di continuo le regole in campo, con le aziende a inseguire un equilibrio, comunque precario, per contrastare condizioni estreme, sia di siccità che di pioggia. Allo stato attuale, varietà precoci di frumento su terreno torboso avranno perdite superiori e fino al 50%. Quanto alle tardive, invece, se pioverà bene e arriverà nutrimento, il danno sarà più limitato per via del ciclo più lungo di maturazione, ma la perdita del 20% causa secca sarà irrecuperabile. Dunque, mettendo a raffronto quest’anno con il 2021, la produzione di grano nell’area tra basso Veneto, ferrarese, basso ravennate e bolognese, potrà passare da 75 a 60 quintali per il duro e da 85 a 70 quintali per il tenero. Di precoce nel 2022 si faranno tra i 40 e i 45 quintali.
La combinazione tra condizioni del terreno e portata della pioggia fa la differenza -precisa Cia-. Se compatto c’è il rischio di ristagno e, quindi, fallanze e malattie fungine. Ma allo stesso tempo, se troppo arato, con poca acqua si può solo disperdere umidità, quando servirebbe anche contenere, a beneficio della concimazione e della qualità. Senza contare, in un’Italia disastrata a livello idrogeologico, il pericolo frane per fenomeni temporaleschi estremi.
Serve pioggia fino a maggio -conclude Cia- ma le previsioni parlano ancora di instabilità e di cambi bruschi delle temperature che riaccendono le preoccupazioni per le gelate tardive. Quelle che nel 2021 -ricorda Cia- provocarono oltre 800 milioni di danni alla frutticoltura estiva e primaverile.
Per Cia, quindi, si fa sollecita l’urgenza di stringere il cerchio su questioni chiave contro il cambiamento climatico, con strumenti, più adeguati e flessibili, in ambito assicurativo e di gestione del rischio. Occorre portare a vantaggio delle imprese l’agricoltura di precisione e occuparsi della difesa attiva delle colture, incentivando investimenti in tecnologie specifiche di protezione sia tradizionali che innovative e multifunzionali.