Anche la Cia Sicilia Orientale si unisce all’appello Cia Nazionale per chiedere al Governo un Piano emergenza nazionale contro le fitopatie e un coordinamento con Ue per misure più rigorose sulle importazioni degli agrumi dai Paesi terzi.
“Il piano di emergenza a difesa delle produzioni tipiche Made in Italy non più procrastinabile – avverte la governance dell’organizzazione Cia che tra le province di Catania e Messina rappresenta centinaia di produttori di agrumi – pericolosissime fitopatie stanno già minacciando la Sicilia, la regione più agrumetata d’Italia“.
“Il Governo nazionale assicuri l’ingresso in Italia solo di merce che rispetti trattamenti fitosanitari consentiti – commenta Giuseppe Di Silvestro, responsabile dell’area vegetale Cia Sicilia Orientale – le attuali misure sull’import adottate dall’Europa risultano inefficaci e insufficienti a garantire un adeguato livello di protezione contro possibili patogeni e organismi dannosi per le colture. Per questo – aggiunge – è necessario avere chiari le informazioni sui processi decisionali, i protocolli da seguire e le risorse da mettere in campo nel caso di presenze sospette o confermate, con il coinvolgimento diretto delle organizzazioni agricole“.
Gli agrumi della Piana di Catania sono minacciati da diverse fitopatie, come il citrus greening, la più grave emergenza fitosanitaria che ha già distrutto milioni di piante in paesi extra europei: dagli Stati Uniti (Florida, California) alla Cina e al Brasile, e che adesso ha puntato l’Europa. E ancora il Malsecco, altro fungo patogeno che minaccia centinaia di agrumeti soprattutto della zona ionica: un’espansione preoccupante dovuta, oltre ai costi di prevenzione, anche alla presenza di tanti terreni abbandonati, che ne sono vettori, e alla mancanza di un’adeguata manutenzione. Per la prima volta, poi, è stato rilevato il fungo patogeno citrus black spot (la macchia nera) in una spedizione di arance dall’Egitto.
“Possiamo affermare – conclude Giuseppe Di Silvestro – come il campo della ricerca stia più al passo raccogliendo le preoccupazioni dei produttori e affrontando la questione con gli strumenti propri, di quanto non facciano le Istituzioni, a cui chiediamo di starci più vicini”.