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Paesaggio rurale siciliano: risorsa da proteggere e valorizzare
di Annalisa Ciprì

Valorizzare i paesaggi rurali che risultano essere identitari dei luoghi di appartenenza e di tradizioni che esprimono l’eredità culturale delle popolazioni che li abitano, è l’obbiettivo principale dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale.

Il Decreto n. 17070 del 19 novembre 2012 ha contestualmente previsto, all’articolo 4, l’istituzione del “Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali“. Questo registro è stato costituito al fine di identificare e censire su tutto il territorio nazionale i paesaggi, le attività o pratiche agricole, le conoscenze generali del territorio per tutelarle e conservarle al meglio. Si tratta di aree rurali che hanno un valore storico, associate a pratiche e tecniche che minimizzano l’uso di risorse esterne (meccanizzazione, irrigazione e prodotti chimici). La loro presenza nel territorio riflette un equilibrio tra aspetti produttivi, ambientali e culturali in una determinata area. I criteri per l’inclusione nel Registro sono da ricercare in concetti come integrità, vulnerabilità e significatività, prendendo in considerazione sia le valutazioni scientifiche sia i valori attribuiti da comunità, soggetti e popolazioni interessate.

L’Italia offre un vastissimo patrimonio di paesaggi che costituiscono una vera e propria ricchezza. Espressione di identità culturale nella nostra penisola ne contiamo 123, in particolare 8 in Sicilia.

I pistacchieti di Bronte, i carrubeti dei Monti Iblei, le policolture pedemontane dell’Etna, i frassineti da manna di Castelbuono, il Bosco della Ficuzza, l’alboricoltura della Valle dei Templi di Agrigento (mandorle e oliveti), gli agrumeti della Conca d’oro, il paesaggio della pietra a secco di Pantelleria.

Pistacchieti di Bronte. Nella fascia pedemontana dell’Etna, più precisamente nei comuni di Adrano e Bronte il paesaggio dei pistacchieti si estende per circa 3000 ettari. L’introduzione della sua coltivazione risale all’epoca della dominazione araba, ma solo dopo, nel XIX secolo ottiene il significato che ha oggi. Gli alberi di pistacchio sono innestati su piante spontanee di terebinto, si tratta di una pianta longeva (dai 200 ai 300 anni) ed ha uno sviluppo molto lento, riesce a produrre solo dopo quasi 10 anni. Ha una chioma folta e ampia con pendenti grappoli di frutti.

Il paesaggio dei pistacchieti è ancora integro anche nonostante i processi di abbandono e rinaturalizzazione che influenzano negativamente la sua conservazione. La sua coltura si mantiene vitale grazie all’eccellente qualità del prodotto, che trova sbocco nei mercati esteri. L’integrità dei pistacchieti è mantenuta viva grazie al lavoro di oltre 1000 produttori, aspetti strutturali e ambientali rendono vulnerabile il paesaggio del pistacchio di Bronte.

Carrubeti dei Monti Iblei. Il paesaggio del pascolo arborato a carrubo dei Monti Iblei si estende per circa 2277 ettari nel comune di Ragusa ed in minima parte in quello di Santa Croce Camerina. La particolarità del paesaggio agrario a campi chiusi risiede nella persistenza storica di un fitto reticolo di muretti a secco che identificano il territorio formando poligoni geometrici detti appunto “chiuse”. Queste delimitano seminativi e colture legnose specializzate di olivo, mandorlo e soprattutto carrubo, che connota fortemente il paesaggio, con sesti d’impianto irregolari e una densità media per ettaro che varia da 10 a 20 piante. Per mantenere tale sistema sono stati effettuati diversi interventi colturali inseriti in un sistema di rotazione biennale.

Policolture pedemontane dell’Etna. Ci troviamo nel versante nord-occidentale dell’Etna, che si estende per circa 1038 ettari, nei comuni di Maletto, Bronte e Randazzo. La particolarità di questa area è espressa dalla permanenza di un’agricoltura tradizionale dalle lontane origini storiche, caratterizzata dalla vite, dai frutteti e dal pistacchio, che contrasta il tipico paesaggio vulcanico. Le specie arboree coltivate sono: pero, melo, susino, castagno, noce, nocciolo, ulivo, ciliegio, alle quali viene diffusamente consociata la vite, generalmente ad alberello. Molti di questi sistemi colturali mantengono ancora oggi un buon livello di integrità, espresso anche dalla presenza di elevati valori di biodiversità specifica e strutturale al loro interno. I vecchi sistemi terrazzati sono ancora ben conservati e presentano un’altissima densità a differenza delle nuove realizzazioni con terrazzo più ampio per facilitare le lavorazioni meccanizzate.

Frassineti da manna di Castelbuono. Il paesaggio agro-forestale dei frassineti da manna si estende per circa 2592 ettari, nei comuni di Pollina e Castelbuono. Aree molto conosciute perché legate alla tradizione della manna e al suo consumo. Dalla dominazione araba fino ad oggi, si seguono le stesse tecniche di raccolta e lavorazione di quella che è considerata una “benedizione dal cielo”, così definita nella Bibbia.  Ad oggi, però, la sua coltivazione è molto limitata, e occupa solo 250 ettari, in buona parte su terreni scoscesi, ritenuti marginali per le più redditizie colture agricole. I frassineti sono per la maggior parte irregolari, con una densità media di circa 280 piante a ettaro e cominciano a produrre all’età di sei-otto anni. Dai cosmetici ai farmaci, si tratta di un prodotto utilizzato per il suo scopo ‘benefico’.

Bosco della Ficuzza. Il paesaggio forestale è esteso per circa 4156 ettari, nei comuni di Monreale, Godrano, Corleone, Mezzojuso, Marineo e Piana degli Albanesi. Le origini storiche del paesaggio attuale risalgono alla fine del Settecento, quando Ferdinando I di Borbone si ripara in Sicilia e vi costruisce la “Real Casina”, dove risiedere per esercitare la passione della caccia, trasformando questo luogo in una riserva venatoria. Il territorio presenta boschi di querce caducifoglie e sempreverdi (roverella, leccio e sughera), in formazioni pure e miste, prati-pascoli e piccoli coltivi ai margini, con oliveti e vigneti, in un contesto in cui sono diffusi antichi bagli e masserie. Tra le specie vegetali si segnalano due endemismi, la Quercus gussonei e il bagolaro siciliano (Celtis asperrima). Luogo molto conosciuto per chi è del posto, segno di una rilevante impronta antropica.

Alboricoltura della Valle dei Templi di Agrigento. Ci troviamo in 417 ettari di terreno nel comune di Agrigento. La Valle dei Templi è conosciuta per il meraviglioso contesto paesaggistico e i monumenti archeologici classici che si trovano immersi in un paesaggio agrario di grande interesse perché rappresentativo dell’arboricoltura in asciutto che un tempo dominava il paesaggio siciliano, dove la coltura degli alberi si era affermata al posto dei seminativi. Il paesaggio della valle è oggi costituito da un vasto mandorleto in coltura promiscua con olivi e con presenza di carrubo, ficodindia o pistacchio nei terreni più poveri. Fino a un secolo fa si trattava prevalentemente di un seminativo arborato piuttosto rado coltivato a frumento, fava e sulla, in successione con il maggese pascolato.

Agrumeti della Conca d’oro. Si tratta di un paesaggio dell’agrumicoltura periurbana che si estende circa per 792 ettari e che è posto nell’ estremità orientale del comune di Palermo ed in minima parte nei territori comunali di Villabate, Misilmeri e Palermo. L’agrumicoltura è quella tradizionale, risalente alla dominazione araba, che ha fatto sì che la pianura che circonda la città di Palermo fino alla metà del secolo scorso fosse un grande “giardino”, come intendono gli agricoltori siciliani quando si riferiscono a un frutteto, soprattutto se di agrumi. Tra quelli più imponenti troviamo i mandarino, il famoso “tardivo di Ciaculli”, al quale si affiancano il mandarino Avana, le nespole giganti rosse di Ciaculli, i limoni e piccole quantità di albicocchi e aranci. Il paesaggio di Ciaculli e di Croceverde mantiene oggi una buona integrità, essendo stato risparmiato dall’espansione edilizia di Palermo negli anni Sessanta-Settanta.

Paesaggio della pietra a secco di Pantelleria. Il paesaggio rurale dell’isola di Pantelleria, situata nel Canale di Sicilia, si estende nella parte meridionale dell’isola per circa 897 ettari. La sua particolarità è strettamente legata al secolare impegno dall’agricoltura pantesca per rispondere a limiti ambientali che caratterizzano l’isola. Le tecniche di coltivazione utilizzare si basano sulla necessità di risparmio idrico e protezione dai venti dominanti, frequenti e intensi. Perciò il paesaggio che ne viene fuori è costituito da un mosaico agrario di colture tradizionali non irrigue su terrazzamenti, protette da muretti a secco, belle esteticamente e di grande impatto scenico. Sono presenti, anche, i famosi “giardini panteschi”, edifici in pietra a secco alti fino a 4 metri e con spessori di circa un metro che contengono al loro interno anche un solo agrume. La coltura più diffusa è ancora oggi la vite coltivata in conche che oltre ad accumulare l’acqua piovana proteggono i grappoli dal vento. Gli olivi sono potati in modo da assumere forme molto basse con le branche adagiate al suolo. Il cappero, che si trova eccezionalmente in coltura specializzata, è anch’esso su terrazzamenti con muri a secco.

 

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