Apre il cantiere per il rilancio dell’olio extravergine italiano, a partire dalle Indicazioni Geografiche che possono contare su oltre 500 varietà di olive, dai terrazzamenti liguri alle colline umbre o toscane, dalle piane pugliesi alle valli siciliane, dalle pendici dei monti abruzzesi ai laghi.
A Roma si sono riuniti, nella quasi totalità, i Consorzi di tutela riconosciuti dal ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste e che ammontano ad oggi a 24 organismi. E sono circa 23.500 gli operatori impiegati nel settore. Il confronto per individuare strategie di rilancio e dare vita a un’alleanza è stato affrontato nell’incontro ‘Olio extravergine d’oliva. Il fattore Ig‘.
Al centro del tavolo quello di investire sul valore delle Indicazioni Geografiche per potenziare un comparto che può contare su 42 Dop e 8 Igp ma che nei primi nove mesi del 2023 vede il volume delle vendite calare dell’11% mentre il valore è cresciuto del 16%, e in particolare il prezzo medio dell’extravergine d’oliva del +30%. Sulla base di dati presentati da Ismea, l’Italia, con 456mila tonnellate di consumo interno (8,2 litri pro-capite), è il maggior consumatore di olio extravergine d’oliva, è il secondo produttore mondiale, con 290mila tonnellate prodotte nel 2023 e il secondo esportatore con 359mila tonnellate nel 2022. L’analisi ha poi sottolineato che l’olivicoltura italiana rappresenta un patrimonio inestimabile a partire dagli oltre 1,16 milioni di ettari a olivo coltivati da 619 mila aziende agricole di cui il 61% di meno di un ettaro e 4.352 frantoi attivi e gli analisti segnalano anche che nel 2023 è sceso l’import (-23%) mentre l’export è cresciuto del 7% in valore.