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Mi piace o mi dispiace? Il sottile filo tra social media e salute mentale

Quella ragazza è carina con me, mi mette sempre like.” Questa frase, apparentemente innocua, è il riflesso di un cambiamento epocale nel nostro modo di relazionarci: oggi le nostre interazioni sociali si misurano con i “mi piace“. Le emozioni, la vicinanza e persino l’amicizia sembrano dipendere sempre più dalle notifiche che riceviamo. Ma cosa succede quando il like non arriva? O quando smettiamo di essere “visti” sui social? abbiamo trasformato queste piattaforme in un campo di battaglia per la nostra autostima, dove ogni follower conta, e ogni mancata interazione diventa un’offesa.

Viviamo in un’epoca in cui la gelosia scatta per un like di troppo su un profilo altrui, dove il valore di una relazione si misura con il numero di cuoricini ricevuti. Si parla di “dipendenza da amicizia” (Friendship Addiction) e di sintomi psicologici gravi come la FOMO (fear of missing out) o la sensazione di essere “soli insieme” (Alone Together). Come Narciso, siamo intrappolati nell’immagine riflessa nei nostri schermi, schiavi del giudizio altrui, e la realtà virtuale si mescola sempre di più con quella reale.

Quando è iniziata questa corsa al consenso?

La questione non è più se i social media influenzino la nostra salute mentale, ma quanto profondamente lo fanno. Le piattaforme stesse stanno cercando di alleviare la pressione. Instagram ha nascosto i conteggi dei “mi piace” in alcuni paesi, ma basterà questo a salvare la nostra psiche collettiva? gli esperti sono scettici: il problema non sono solo i numeri, ma la costante ricerca di approvazione, l’ansia da prestazione online e l’illusoria perfezione che ci viene propinata ogni giorno.

Il potere del like sulla mente e sul corpo

Ricevere un like rilascia dopamina, il neurotrasmettitore del piacere, creando un vero e proprio effetto di dipendenza. A livello cerebrale, il nostro corpo risponde come se fossimo davanti a una ricompensa. E quando i like mancano? ansia, depressione, attacchi di panico, insonnia: la lista di sintomi è lunga. Persino il nostro corpo ne risente, con emicranie, sudorazione eccessiva e tensione muscolare.

La questione è seria e complessa. Siamo in un punto di non ritorno o possiamo ancora riprenderci il controllo della nostra vita? secondo alcuni, il primo passo è la consapevolezza. Dobbiamo imparare a vedere la realtà oltre il numero di cuoricini e iniziare a vivere relazioni autentiche, al di là di uno schermo.

Una nuova forma di dipendenza?

La dipendenza dai social media non è solo una questione psicologica: è una dipendenza chimica. Ogni volta che riceviamo un “mi piace”, questa scarica di piacere crea un ciclo vizioso che ci spinge a controllare compulsivamente i nostri profili. Il craving è reale: quanto tempo passa prima che ci si ricolleghi per vedere chi ha interagito con il nostro ultimo post? questo bisogno di costante connessione diventa un’ossessione, influenzando il nostro benessere mentale e fisico.

Ma la questione non riguarda solo il singolo like, bensì la necessità di costruire un’identità virtuale che ci faccia sentire “accettati” e rilevanti.

La salute mentale sotto attacco

La questione dell’impatto dei social media sulla salute mentale è stata ampiamente discussa dagli psicologi. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, i giovani che trascorrono più di tre ore al giorno sui social media hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomi di depressione. Non è solo il tempo passato online a essere preoccupante ma il tipo di interazione: gli utenti che si confrontano costantemente con immagini di vite apparentemente perfette finiscono per sentirsi inadeguati.

L’adolescente che conta i like come misura del proprio valore può diventare vittima di un ciclo di insicurezza. L’insicurezza si alimenta del confronto continuo, e il risultato è un senso di inferiorità che incide profondamente sull’autostima. A peggiorare la situazione è il fenomeno del cyberbullismo, che trova terreno fertile su piattaforme dove ogni commento o mancato like può essere percepito come una critica personale.

Il paradosso degli influencer

Gli influencer stessi, che rappresentano il simbolo di successo sui social, non sono immuni a questo sistema. Anche loro sono spesso schiavi di un sistema basato sui numeri. I “mi piace” e i commenti diventano valuta e misura del loro impatto, rendendoli dipendenti da un engagement che a volte non riflette autenticamente il loro valore. L’eliminazione del conteggio pubblico dei “mi piace” potrebbe ridurre la pressione per molti utenti, ma resta la domanda: gli influencer, il cui successo si basa proprio su quei numeri, come reagiranno?

Alcuni influencer hanno accolto il cambiamento come un sollievo per la propria salute mentale, ma altri temono un impatto negativo sul loro business. La pressione costante di postare contenuti perfetti e di misurare il proprio valore attraverso l’engagement rimane. Gli psicologi sottolineano che i “mi piace” visibili non sono l’unico problema: le immagini aspirazionali che celebrano corpi perfetti, viaggi da sogno e vite senza problemi continueranno a esistere, alimentando insicurezze e aspettative irrealistiche.

Come rispondere a tutto questo?

È difficile immaginare una società completamente scollegata dai social, ma ciò non significa che dobbiamo restare vittime di questa dinamica. Un cambiamento parte dalla consapevolezza: imparare a usare i social in modo critico, riducendo il tempo trascorso online e focalizzandosi su connessioni autentiche. I governi e le organizzazioni devono fare la loro parte, regolamentando meglio le piattaforme e proteggendo gli utenti più vulnerabili.

Alla fine, la chiave è nel trovare un equilibrio: vivere i social come uno strumento, non come una gabbia. Questo potrebbe significare limitare le notifiche, disattivare i like, o semplicemente fare una pausa ogni tanto. Le vite che vediamo online sono, spesso, curate nei minimi dettagli per sembrare perfette, ma la felicità vera è altrove, nella realtà, non su uno schermo.

Oggi rischiamo davvero di perdere di vista il confine tra vita reale e virtuale. Sta a noi, utenti e creatori di contenuti, trovare un modo più sano di vivere questa connessione, prima che ci consumi completamente.

 

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