Calano i pesticidi negli alimenti, ma ora serve una legge nazionale contro il multiresiduo che vieti la compresenza di principi attivi. E l’Italia deve impegnarsi anche per applicare la strategia europea “From farm to fork” che chiede entro il 2030 la riduzione del 50% dei fitofarmaci utilizzati.
È un quadro di luci e ombre quello tracciato dal nuovo report di Legambiente “Stop pesticidi nel piatto 2023“, che fa il punto sui fitofarmaci presenti negli alimenti sulle nostre tavole. Al centro dello studio, realizzato in collaborazione con Alce Nero e presentato a Roma, 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale sottoposti ad analisi e relativi a 15 regioni italiane. La buona notizia è che la percentuale dei campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%).
Regolare e senza residui è risultato il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%). La frutta si conferma la categoria più colpita con oltre il 67,96% dei campioni che contiene uno o più residui, mentre è positivo il dato sui i prodotti di origine animale: oltre l’88% è privo di residui. A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui. Dati, questi, che, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci“. Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.