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Macfrut, Cia e CREA: Rafforzare settore con innovazione genetica grazie a “Biotech”
di Roberta Mannino

Si chiama “Biotech” ed è il primo grande progetto nazionale sul miglioramento genetico vegetale. Coordinato dal CREA, rappresenta la risposta di ricerca e innovazione, 100% tricolore, a misura dell’agricoltura Made in Italy, per sviluppare piante più green e più resistenti ai cambiamenti climatici e alle malattie. Un’evoluzione necessaria, in primis sull’ortofrutta, per rispondere alle esigenze di maggiore sostenibilità sollecitate dalla transizione verde, tutelando al contempo produttività e competitività delle coltivazioni. I primi risultati del progetto sono stati presentati oggi, in anteprima, nell’evento formativo congiunto organizzato da Cia-Agricoltori Italiani e CREA a Macfrut, presso la Meeting Area della Sala Stampa del Rimini Expo Centre.

Molte delle specie coltivate in Italia dipendono infatti da varietà, ibridi o portinnesti realizzati con conoscenze e tecnologie sviluppate all’estero, una condizione di strutturale fragilità per il Made in Italy, che deve essere superata sviluppando la ricerca vegetale in loco. In questo senso, il progetto “Biotech” intende costruire un know-how scientifico che contribuisca a trasformare le conoscenze relative ai genomi delle diverse specie in prodotti migliorati, sempre più competitivi e autenticamente italiani. Così il Paese può essere protagonista nel contesto europeo e mondiale delle nuove biotecnologie.

D’altra parte, la strada dell’innovazione genetica è indispensabile per fronteggiare gli effetti del climate change sui campi. Solo nell’ultimo anno, gli eventi estremi sono quasi raddoppiati, tra gelate tardive, bombe d’acqua, ondate di calore, siccità, con un aumento di cinque volte delle perdite di raccolto di frutta e verdura. I danni economici dovuti alla maggiore frequenza di eventi estremi legati al clima ammontano già, in media, a oltre 12 miliardi di euro l’anno in Ue, un miliardo solo in Italia, e ormai i fattori climatici, da soli, spiegano tra il 20% e il 49% delle fluttuazioni del rendimento agricolo -ricordano Cia e CREA-. Una variabile sempre più ingestibile, quindi, anche per le oltre 300 mila aziende dell’ortofrutta italiana che, per assicurare l’aumento delle rese, ridurre l’impatto di prodotti chimici, consumare meno suolo e meno acqua, hanno bisogno di alternative sfidanti e varietà più resistenti.

L’introduzione di tecniche in grado di accelerare e rendere più efficiente il miglioramento genetico permette di rendere le piante più resistenti alle malattie – con una conseguente riduzione dei fitofarmaci – e di migliorare la tolleranza delle colture allo stress idrico e salino, in una parola consente di rendere le piante più vicine ai bisogni della società. Per l’ortofrutta tipica italiana questo vuol dire, ad esempio, ridurre l’uso di pesticidi, introducendo per via genetica la resistenza ai funghi parassiti nella vite, alle orobanche infestanti nei pomodori o alla peronospora nel basilico; così come combattere la batteriosi del kiwi o la ticchiolatura del melo. Tutto mantenendo o innalzando le qualità nutrizionali delle colture e con una più elevata conservabilità post raccolta, in un’ottica anti spreco.

“In un momento in cui l’agricoltura deve affrontare sfide epocali -ha detto Luigi Cattivelli, direttore CREA Genomica e Bioinformatica e coordinatore di Biotech- è fondamentale spiegare a tutti che non c’è agricoltura senza genetica e se il clima cambia devono cambiare anche le piante che coltiviamo. In questo contesto, le nuove tecnologie per l’evoluzione assistita (TEA o new breeding technique) sono uno strumento fondamentale (e non Ogm) per dare un futuro all’agricoltura italiana. Biotech sviluppa queste conoscenze e le mette a disposizione, per il progresso del settore, in una serie di incontri con le associazioni degli agricoltori e questo è il primo”.

Il cuore scientifico del progetto “Biotech”, infatti, è rappresentato dall’applicazione in particolare della cisgenesi e del genome editing, che non hanno nulla a che vedere con gli Organismi geneticamente modificati. Il genome editing non presuppone inserimento di geni estranei provenienti da altre specie, ma opera internamente al Dna della pianta oggetto di miglioramento, inducendo una mutazione del tutto equivalente a quelle che si generano in natura. Si perfeziona quindi il corredo genetico delle piante, ma con maggiore precisione e rapidità, tempi e costi minori e più adattabilità alle tipicità dei territori.

  “L’innovazione genetica è uno degli asset strategici per il futuro dell’agricoltura -ha ribadito Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia-. Per questo, ora serve che l’Europa superi l’attuale normativa ormai obsoleta. Ci aspettiamo molto dalla consultazione pubblica sulle nuove tecniche genomiche, aperta il 29 aprile dalla Commissione Ue, per arrivare a una proposta di legge il prima possibile, magari già a fine anno. Le nuove biotecnologie possono davvero permetterci di mantenere le nostre varietà tradizionali e la nostra competitività sui mercati, aumentando al contempo la sostenibilità economica e ambientale”.

 

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