(di Angela Sciortino) Arriva lo street food contadino dal campo alla strada e in giro per le vie delle città e dei piccoli centri. Non più solo vendita diretta dei prodotti agricoli e dei loro trasformati, adesso gli agricoltori potranno vendere anche in forma itinerante direttamente cibo pronto per il consumo fatto con i propri prodotti cucinati e preparati.
L’articolo che è stato sostituto disciplinava i “Distretti rurali” e i “Distretti agroalimentari di qualità”. Adesso nella nuova formulazione si parla di “Distretti del cibo” che comprendono, oltre a quelli già definiti come “Distretti rurali” e “Distretti agroalimentari”, altri sistemi produttivi locali con diverse caratteristiche. Tra questi ci sono anche quelli dove è marcata l’interrelazione e l’integrazione fra attività agricole, in particolare quella di vendita diretta dei prodotti agricoli, e le attività di prossimità di commercializzazione e ristorazione, delle reti di economia solidale e dei gruppi di acquisto solidale. E proprio per valorizzare la piena integrazione fra le attività imprenditoriali di un “Distretto del cibo” è stata ampliata la disciplina della vendite diretta al pubblico dei prodotti agricoli. Che già potevano essere consumati utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo, senza servizio ai tavoli e osservando le prescrizioni generali di carattere igienico-sanitario, ma che adesso potranno essere manipolati o trasformati, già pronti per il consumo, mediante l’utilizzo di strutture mobili anche in modalità itinerante su aree pubbliche o private. Insomma come i nostri panellari e sfincionari.
Spremute e frullati della salute, ricche insalate, panelle e crocchè anche dentro un panino di grano siciliano e quello che caratterizza lo street food isolano non saranno più un tabù nei mercati del contadino che si svolgono in tutti i maggiori centri dell’Isola, ma anche per le vie del centro storico. Ma a una condizione: che gli agricoltori utilizzino le loro materie prime. Cosa che fornirà garanzia della genuinità e della qualità ma anche del rispetto degli ingredienti e della vera tradizione enogastronomica made in Italy. Coldiretti soddisfatta ritiene si tratti di «una opportunità importante alla vigilia dell’anno del cibo italiano nel mondo per qualificare l’offerta delle città minacciatadalla banalizzazione e dall’omologazione ma anche per difendere l’identità alimentare nazionale che rischia di sparire dalle strade e dalla piazze invase dal kebab al sushi, dalla frutta fuori stagione come le caldarroste congelate disponibili durante tutto l’anno». «Valorizzare l’identità culturale dei centri storici è importante per gli abitanti ma anche per i tanti turisti italiani e stranieri che quando arrivano nelle città – sottolinea la Coldiretti – si aspettano di mangiare prodotti della tradizione locale che sono la vera forza della vacanza made in Italy, conquistata con la distintività, la biodiversità e il legame con il territorio».