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La Sicilia dice no ad altri accordi con i Paesi del Nord Africa. In pericolo l’ortofrutta nostrana
di Angela Sciortino

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(di Angela Sciortino) Phil Hogan, il Commissario europeo per l’agricoltura, secondo notizie che circolano in questi giorni, dovrebbe recarsi presto in Egitto per la verifica dei rapporti commerciali tra Ue e il paese nordafricano propedeutica ad eventuali accordi bilaterali. E solo all’ipotesi del viaggio gli agricoltori siciliani rumoreggiano preoccupati. E con loro l’assessore regionale all’Agricoltura, Edy Bandiera che dichiara: «Siamo allerta e pronti, in perfetta sintonia con il mondo produttivo siciliano, a compiere ogni iniziativa che è nelle nostre facoltà per stoppare l’ipotesi di eventuali ulteriori accordi a favore di Paesi extraeuropei dell’area Mediterranea che vadano a discapito della nostra agricoltura». E rincarando la dose suggerisce: «Ritengo invece che questa debba essere l’occasione per rivedere gli accordi già esistenti e richiedere al Commissario maggiori garanzie a tutela delle nostre produzioni in particolar modo per gli agrumi e gli ortaggi e le altre produzioni in generale provenienti da Egitto, Marocco e Sud Africa che, in alcuni di questi paesi presentano problematiche fitosanitarie, fortunatamente non ancora presenti in Sicilia». Il riferimento è al fatto che in questi paesi sono infatti presenti malattie da quarantena come il citrus block spot o l’huang long bing che, se dovessero arrivare in Sicilia comporterebbero danni economici gravissimi per l’agrumicoltura. Come se non avessi già abbastanza guai con il tristezza virus.

Ma il riferimento è anche al possibile, e molto probabile, ampliamento dell’accordo con il Marocco al territorio del Sahara Occidentale che, nel tanto noto e altrettanto contestato accordo del 2014, era stato escluso perché oggetto di radicali contrasti tra il governo del Marocco e Fronte Polisano che ne rivendica la titolarità.

«Faremo in modo – conclude Bandiera – che al Commissario europeo giungano tutte le nostre richieste per evitare che un’ennesima concessione a favore di Paesi terzi, dove peraltro sussistono enormi differenze negli standard relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro e al salario percepito dai lavoratori rispetto al nostro, danneggi la nostra economia e metta seriamente a rischio la sicurezza dei consumatori a causa dell’utilizzo di fitofarmaci e principi attivi, da noi banditi da diversi anni».

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