(di Redazione) Fabbricati diruti o con il tetto crollato che stanno lì a ricordarci un’antico movimento franoso, un terremoto, il passaggio di una colata lavica. Ce ne sono tanti in Sicilia i cui proprietari potrebbero essere interessati a un recente pronunciamento della Corte di Cassazione. Il giudice di ultima istanza con la sentenza 10122 depositata lo scorso 11 aprile, ha affermato che i ruderi, non avendo rendita, non si possono assoggettare a Ici o Imu.
Ruderi, fabbricati collabenti, unità immobiliari fatiscenti o parzialmente demolite e tutte quelle costruzioni, insomma, che sono talmente degradate da non essere più in grado di produrre reddito, per non essere assoggettate all’Imu, però, devono essere iscritte nella categoria catastale fittizia F2 (a rendita zero). Sia chiaro che l’iscrizione dei ruderi al catasto non è obbligatoria, ma lo diventa, se per essi non si vuole pagare la tanto odiata tassa sugli immobili.
La Corte di Cassazione ha escluso pure la possibilità di imporre l’imposta sul valore venale del terreno dove è presente il rudere. Diversa la situazione per le aree di sedime di fabbricati fatiscenti non iscritti al catasto edilizio: per quelle non iscritte, non rientrando nella definizione di fabbricato, l’imposta sarebbe dovuta sulla base dell’area edificabile. Su questo punto, però, dicono gli esperti, servirebbe un chiarimento per evitare nuovi ricorsi e nuova giurisprudenza.