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Irvos, dipendenti senza stipendi in piazza. Continua la trattativa con Veronafiere per sbloccare i conti
di Angela Sciortino

Irvos e Veronafiere

(di Angela Sciortino) I dipendenti dell’Irvos, l’Istituto regionale dei vini e degli oli siciliani, lunedì 28 gennaio scenderanno in piazza a manifestare davanti la sede dell’Assessorato regionale all’Economia e Bilancio guidato da Gaetano Armao. Motivo: da cinque mesi non percepiscono lo stipendio e non ce la fanno ad aspettare ancora. Colpa di ben tre pignoramenti, sia sui conti dell’Irvos che su tutte le somme che dovrebbero transitare all’Ente passando per l’Assessorato al Bilancio.

protesta dipendenti IrvosIl blocco delle somme nella disponibilità presente e futura dell’Istituto è stato ottenuto in via cautelativa da Veronafiere Spa, per un debito che risale a qualche anno addietro. Debito che in totale ammonta a oltre tre milioni euro. Gran parte di questi quattrini sono dovuti per l’affitto degli stand del Vinitaly per l’anno 2014 e per i servizi accessori resi nel 2013 e 2014 sempre in occasione dell’importante manifestazione che si tiene annualmente nella città veneta. Ma al di là del debito, come spesso avviene in questi casi, il pignoramento riguarda cifre ben più consistenti: il risultato è che ad oggi non c’è nemmeno la liquidità per far fronte alle cosiddette spese correnti.

In quest’ultimo mese è stata condotta una frenetica trattativa per sbloccare l’impasse finanziario dell’Irvos, che ha avuto come sbocco un accordo di massima in cui vengono definiti importo (è previsto un “taglio” rispetto alla cifra originaria) e modalità di pagamento. Per i tempi l’accordo è chiaro: tre quarti della somma concordata dovranno essere versati entro il 28 febbraio, il tempo necessario cioè affinché la complessa macchina burocratica della finanza pubblica disponga il decreto d’impegno, il decreto di pagamento e infine il bonifico vero e proprio.

Ma Veronafiere non si fida. E l’ha ribadito anche nell’udienza che si è svolta oggi, venerdì 25 gennaio, davanti al giudice del Tribunale di Bergamo, dove ha sede il Credito Valtellinese, banca “tesoriera” dell’Irvos. In pratica, Veronafiere non è disposta a dare l’ok per sbloccare i conti fino a quando non verrà versata almeno la prima, e più consistente, tranche del debito. «Cosa impossibile da realizzare se non verranno prima sbloccati i conti, e ciò anche e soprattutto a tutela dei dipendenti che ormai sono stremati e non possono più aspettare i lunghi tempi della giustizia», spiega Vincenzo Cusumano, direttore dell’Istituto. In attesa di trovare un accordo anche su questo punto nodale, il giudice ha intanto rinviato tutto al 15 febbraio.

Ma come nasce un debito di queste dimensioni? Semplice: dal 2014 i trasferimenti della Regione per far fronte alle spese ordinarie di gestione sono diminuiti di circa 2-3 milioni l’anno. Gli introiti dei progetti finanziati dalla Ue (come la promozione e la ricerca), così come le quote di partecipazione alle iniziative promozionali (Vinitaly in testa), secondo quanto starebbe accertando la Corte dei Conti sarebbero stati utilizzati per pagare stipendi e pensioni; soldi quindi dirottati a fronteggiare le emergenze immediate a scapito delle originarie destinazioni.

Ai pignoramenti dei conti correnti intrattenuti presso il Credito Valtellinese si è opposto nei termini legge non solo l’Irvos – che in questo momento è pure privo di una direzione politica – ma anche i dipendenti dell’ente che sperano nella decisione del giudice per potere incassare almeno qualcuno degli stipendi arretrati. Una cosa è certa: la giustizia, com’è noto, riconosce ai dipendenti lo status di creditore privilegiato, per cui se Veronafiere decidesse pervicacemente di proseguire nel braccio di ferro, potrebbe rimanere con un pugno di mosche in mano.

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