(di Angela Sciortino) Ancora nuvole nere sull’Istituto regionale della Vino e dell’Olio. E anche tanti avvoltoi. Gli stessi che negli anni passati (ma forse nemmeno lo ricordano) non preoccupandosi di rifornirlo delle necessarie coperture finanziarie, hanno preferito lasciarlo al proprio destino.
In pochi anni l’Irvos ha accumulato milioni di euro di debiti. Per l’esattezza alla fine del 2015 ammontavano a circa 9 milioni e 700 mila euro. Grazie alle economie realizzate e alle importanti entrate assicurate dall’attività di certificazione dei vini a Doc (Doc Sicilia in testa), il disavanzo è stato già ridotto di 2 milioni e 700 mila euro. Ma il debito residuo è ancora troppo consistente per non impensierire i vertici dell’Istituto Vino e Olio e quelli dell’Assessorato Agricoltura (assessore e dirigente generale).
Come coprire i 7 milioni di euro di debito che gravano come un macigno sul futuro dell’Istituto e dei suoi dipendenti? La politica, con la legge di stabilità 2018 ci aveva messo una pezza: da una parte aveva rimpinguiato il capitolo destinato alla copertura delle spese obbligatorie (personale e gestione), dall’altra aveva consentito la vendita dei beni immobili dell’istituto alla Regione Siciliana. Si tratta, a quanto pare, di un valore di circa 3 milioni di euro in cui rientrano l’Enopolio di Partinico, la cantina di Noto, quella di Milazzo, la sede di Marsala, vari immobili a Strasatti (sempre a Marsala) e numerosi terreni agricoli. Gli altri 4 milioni di euro di passività, i vertici dell’Istituto, sono sicuri di poterle azzerare in tre anni con gli introiti provenienti dall’attività di certificazione che, per inciso, è in grande crescita e che grazie alla responsabilizzazione dei dipendenti è sempre stata assicurata, riducendo negli ultimi mesi anche sensibilmente i tempi di attesa.
Ieri in Commissione Bilancio dell’Ars convocati dal presidente Savona, s’è fatto il punto. Presenti l’Assessore regionale per l’economia, Gaetano Armao e l’Assessore regionale per l’agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca mediterranea, Edy Bandiera. Oltre al dirigente generale dell’Assessorato Carmelo Frittitta, sono state ascoltate anche le figure apicali dell’Irvo (presidente del Collegio dei revisori e direttore) e i rappresentanti sindacali. Questi ultimi in difesa dei 63 dipendenti che, a causa delle problematiche finanziarie in cui versa l’Ente, non hanno ancora percepito lo stipendio di ottobre e che sono preoccupati perchè i conti correnti dell’Irvo sono stati pignorati su richiesta di VeronaFiere che vanta un credito di 3 milioni di euro, debito accumulato tra il 2012 e il 2014. La manovra di attacco al problema è a tenaglia. Da una parte si cerca di sciogliere tutti i dubbi e capire – e pare che con gli assessore Armao e Bandiera ci stiano riuscendo – come applicare l’articolo 36 della legge 8/2018 della Regione siciliana (la legge di stabilità regionale) dove si legge che “al fine di consentire le attività istituzionali dell’Irvo ed in particolar modo l’attività di certificazione delle denominazioni di origine a favore delle aziende olivicole e vitivinicole siciliane, l’acquisto da parte della Regione di beni immobili dell’Irvo”. dall’altra si esplora la possibilità di chiudere il contenzioso tra l’Istituto regionale vini e oli di Sicilia entro il 7 dicembre. L‘incontro tra i vertici di VeronaFiere e il governatore della Sicilia Nello Musumeci in occasione di Fieracavalli, sembra sia servito appunto a questo: evitare le lungaggini di una procedura concorsuale trovando un accordo. Così la Regione Sicilia (o meglio l’Irvo) che intende onorare i debiti, pagherà il dovuto a VeronaFiere ma otterrà uno sconto.
Quello del Vinitaly sembra per l’Irvos comunque un argomento chiuso. Non c’è più nessuna motivazione a sostenere un così grave fardello economico e di lavoro. Le aziende vitivinicole siciliane, ormai, sono sufficientemente rodate per organizzare, in proprio o in forma associata, la loro partecipazione a una delle più importanti fiere mondiali del vino.
Nelle corde dell’Irvo ci sono quattro attività: promozione istituzionale, ricerca e sperimentazione alta formazione e certificazione dei vini e degli oli saranno per qualche anno il core business dell’Irvo. Nella speranza che questo nuovo corso possa essere condiviso e avallato dalla guida politica dell’ente che manca ormai da qualche anno. Al momento non si parla di Cda. E non c’è neppure un commissario.
Irvos alle prese con pignoramenti e burocrazia, ma la certificazione non si ferma
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