Anche quest’anno la Sicilia si ritrova ancora e ancora a fare i conti con la grave emergenza idrica che da tempo mette in ginocchio cittadini e agricoltori di tutta la regione.
Le alte temperature hanno prosciugato gli invasi rendendo la situazione idrica sempre più problematica. E se consideriamo già la scarsa disponibilità di acqua, la nostra terra ha poche speranze di vedere un barlume di luce nei prossimi anni. Una crisi non solo climatica, ma anche e soprattutto strutturale.
Se prima sapevamo che pioveva una certa quantità di acqua di pioggia, 700 millimetri circa, adesso il dato è variato, sceso fino a 400 millimetri d’acqua. Di conseguenza, una minore quantità di pioggia corrisponde a una minore quantità di acqua disponibile negli invasi artificiali, una minore ricarica di risorsa idrica e così via.
Secondo l’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia, quest’anno l’esaurimento degli invasi avverrà proprio intorno alla metà di agosto. Ciò potrebbe contribuire all’alterazione degli ecosistemi locali e alla compromissione del suolo, e quindi alla desertificazione di avanzare sempre più sul territorio.
Ciò che è certo è che tra le cause principali dell’emergenza ci sono sicuramente infrastrutture obsolete e scarse piogge, ma il vero problema risiede nelle gravi perdite lungo la rete idrica. In particolare, i dati Istat hanno rilevato che oltre il 51% dell’acqua viene dispersa prima di raggiungere la destinazione prestabilita.
In molte province, le condutture non vengono sostituite da decenni, e le riparazioni tardano per mancanza di fondi e coordinamento tra enti locali e regionali. Il problema delle reti colabrodo è un problema sicuramente non nuovo, tubature difettose e fatiscenti, ‘la Sicilia fa acqua da tutte le parti‘.
I dati parlano chiaro. La Sicilia è la regione italiana con la maggiore perdita idrica nelle reti di distribuzione: nel 2023 si è registrata una dispersione pari al 52,5% dell’acqua immessa in rete. In pratica, più della metà dell’acqua va persa prima ancora di raggiungere le case, le aziende agricole e le industrie. In province come Enna e Agrigento le perdite superano addirittura il 60%, complici condotte obsolete e mal gestite.
Questi dati, se confrontati con la media nazionale già alta (circa il 42%), mostrano come la Sicilia si trovi in una condizione critica anche sul fronte infrastrutturale, incapace di affrontare un’emergenza climatica sempre più strutturale. In Sicilia, si prevede che entro il 2030 circa il 70% del territorio sarà a rischio desertificazione, con un impatto significativo sull’agricoltura e sull’economia. Sarà così?
E’ certo che la siccità ha provocato una vera e propria emergenza idrica. In decine di comuni, l’acqua viene razionata: in alcune aree dell’entroterra, i cittadini ricevono l’approvvigionamento solo una volta ogni tre giorni. Le autobotti non bastano più, e i disagi si moltiplicano anche nei centri urbani.
L’agricoltura, colonna portante dell’economia siciliana, è al collasso: oliveti, agrumeti e coltivazioni di grano bruciano sotto il sole, mentre gli allevatori sono costretti a vendere il bestiame per mancanza di foraggio e acqua.
Anche i principali invasi della regione registrano livelli allarmanti. Il lago Rosamarina è sceso al 25% della sua capacità, mentre il lago Arancio non arriva nemmeno al 20%. In queste condizioni, l’acqua disponibile è insufficiente per soddisfare sia le esigenze della popolazione che quelle dell’agricoltura.
Nel mese di luglio, nello specifico, l’Ancipa ha raggiunto i 24,18 mmc. Il lago Arancio 8,73; il Castello 8,43; il Cimia 1,24; il Comunelli 0,00; il Disueli 0,02; il Don Sturzo 40,45; il Fanaco 4,14; il Furore 1,01; il Gammauta 0,06; il Garcia 18,68; il Gorgo 0,39; il Lentini 94,48; il Nicoletti 5,24; l’Olivo 4,01; il Paceco 2,60; il Piana degli Albanesi 10,01; il Piano del Leone 3,27; il Poma 25,82; il Pozillo 32,55; il Prizzi 3,91; il Ragoleto 8,58; il Rosamaria 22,53; il Rubino 3,90; il San Giovanni 7,20; il Santa Rosalia 12,49; lo Scalzano 6,45; lo Sciaguana 4,91, il Trinità 4,04 e il Zafferana 0,03.
Con la proroga dello stato di emergenza relativo alla siccità, si è visto un barlume di speranza. “In Sicilia sebbene si sono verificate piogge significative in alcune parti della nostra regione, persistono soprattutto nella Sicilia occidentale delle zone e delle aree critiche, per una distribuzione delle precipitazioni disomogenea“, aveva dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura Salvatore Barbagallo.
In una fase delicata e critica come questa, diventa vitale un supporto di questo tipo. “Diversi serbatoi utilizzati a scopo irriguo non sono sufficientemente pieni. A ciò va aggiunto anche il fatto che l’agricoltura deve cedere acqua agli usi potabili per l’emergenza e in alcune aree questo ci impone di avere degli strumenti più veloci ed efficaci, quali l’emergenza idrica per poter operare“.
Qualche soluzione temporanea è stata trovata dalla Regione Siciliana, che ha di recente fatto installare tre impianti di dissalazione mobili che grazie a un processo di osmosi inversa prelevano l’acqua dal mare, la filtrano, e con l’aggiunta di alcuni additivi chimici la rendono potabile. Tuttavia, agricoltori e allevatori chiedono che sia effettuato, con immediatezza, un piano di manutenzione delle condotte idriche, così come un censimento delle reti e degli invasi effettivamente presenti sul suolo. In questo modo, sarà possibile iniziare a evitare lo spreco di litri e litri d’acqua al giorno.
L’acqua che scarseggia e che lascia a secco i rubinetti di casa, che inaridisce i campi e le colture, come ormai capita in tutte le estati in Sicilia. L’emergenza siccità è attuale più che mai.
L’estate del 2025 verrà ricordata come una delle più calde e difficili nella storia recente della Sicilia. Temperature oltre i 45°C, piogge quasi inesistenti e incendi sempre più frequenti che hanno aggravato una crisi idrica già profonda.
Tra la morsa della siccità, reti idriche inefficienti e invasi ridotti a pozze, quale sarà il destino della nostra Isola?