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Influencer e Uragani: quando la Tempesta è parte del contenuto
di Alexsandra Taormina

Il mondo dei contenuti digitali è un terreno fertile per l’assurdo, ma quando un uragano di categoria 5 si avvicina, ci si aspetterebbe un ritorno alla realtà. O forse no? Caroline Calloway, influencer, autrice e creatrice di caos online, una che vuole solo “rompere l’internet” come si  suole dire,  ha scelto di ignorare gli avvertimenti ufficiali del governo della Florida, e si è barricata nel suo condominio fronte mare a Sarasota, proprio nel punto in cui l’uragano Milton sta per abbattersi. La decisione? Non solo sopravvivere alla tempesta, ma farne un contenuto.

Caroline Calloway Vs. Milton: tra tempesta e meme

In uno scenario degno di un meme, Calloway ha comunicato sui social che avrebbe “tenuto duro” durante l’uragano, alimentando il sarcasmo della rete: “Morire in un uragano sarebbe il finale perfetto per la narrativa di Caroline”, ha scritto un utente, con un tempismo che neanche gli sceneggiatori di Hollywood. E cosa fa Calloway? Alza il tiro, rispondendo che sì, la battuta è divertente, quasi prevedibile, “come quando Eve Babitz si è data fuoco. Ma questo uragano non mi ucciderà”.

Questa frase potrebbe sembrare l’ennesimo episodio di “Caroline cerca attenzioni”, ma qui la faccenda è più complicata. È un mix perfetto tra assurdità e marketing personale, un cocktail digitale esplosivo che dimostra come l’influencer non viva solo nelle tempeste (quelle atmosferiche), ma soprattutto in quelle social. Il suo umorismo oscuro diventa il suo scudo, e l’intero episodio diventa un altro capitolo di una narrazione virale costruita su meme e ironia.

Sopravvivere o Intrattenere? un dilemma digitale

Calloway afferma che la sua decisione di rimanere non è dettata dall’incoscienza, ma da “ragioni pratiche”. Dopo l’esperienza traumatica dell’evacuazione durante l’uragano Ian nel 2022, preferisce restare nel suo appartamento, ben consapevole dei rischi. E qui entra in gioco il vero dilemma: non si tratta solo di sopravvivere alla furia della natura, ma anche di intrattenere un pubblico affamato di contenuti, anche se si tratta di una catastrofe naturale.

Perché, diciamocelo, che cos’è una tempesta senza un po’ di drama su Instagram? La creazione di contenuti durante un’emergenza reale è il nuovo mantra del digitale. Mentre il mondo segue il percorso di distruzione di Milton, Caroline si prepara a trasformare il caos in un’opportunità. “Il mio piano per l’uragano è intrattenere”, dichiara. Ed è qui che si raggiunge l’apice dell’assurdo: tra caricabatterie, scorte di pasta e nastri adesivi sulle finestre, l’obiettivo non è solo sopravvivere fisicamente, ma far sì che la sua “performance” online catturi l’attenzione.

La Tempesta come performance art

Ma forse Calloway non sta solo sfidando un uragano, sta sfidando l’intero ecosistema digitale. L’influencer trasforma il disastro in performance art, in un mondo dove persino un uragano può diventare contenuto virale. “Non ho fatto questa scelta per sfidare la morte”, spiega, “ma perché sono sicura delle condizioni di sicurezza del mio edificio e perché sento di poter essere utile… intrattenendo.” Sì, perché in un mondo dove ogni evento è materia prima per il feed, nemmeno un uragano di categoria 5 può sottrarsi alla logica del “content is king.”

La Calloway riconosce che, di fronte all’emergenza, non è il “primo soccorritore” ideale – lo dice lei stessa con disarmante autoironia. Ma questo non importa: ciò che conta è il contenuto, il racconto che nascerà da questa esperienza. E qui si apre un interrogativo: dove finisce l’autenticità e dove inizia la spettacolarizzazione?

Quando la sicurezza è secondaria alla narrazione

Il punto più controverso della vicenda è proprio questo: la sicurezza. Calloway ha spiegato che il suo condominio è stato costruito per resistere a uragani come Milton. Le finestre resistono a venti di oltre 145 miglia orarie, e l’edificio non è mai stato allagato. Ma il vero problema è che, in questo caso, la sicurezza sembra passare in secondo piano rispetto alla narrazione. L’uragano non è solo una minaccia naturale, ma un evento da trasformare in intrattenimento digitale.

In un certo senso, è l’estremizzazione del concetto di live streaming della vita reale: tutto diventa contenuto, anche le catastrofi. E mentre Caroline prepara pasta e dumplings come scorta per i giorni senza elettricità, il vero scopo sembra essere alimentare la sua immagine online, fatta di caos, ironia e auto-narrazione senza filtri.

Milton: la tempesta perfetta per il digital storytelling

Forse l’aspetto più interessante di tutta questa storia non è la decisione di Caroline di restare, ma il modo in cui ha saputo trasformare una potenziale tragedia in una piattaforma per raccontarsi. Con un mix di umorismo nero e cinismo, Calloway ci mostra il lato estremo dell’influencer marketing, dove anche la sopravvivenza può essere un’opportunità di storytelling. Mentre gli esperti di sicurezza esortano le persone a evacuare, Caroline si posiziona come l’outsider, l’influencer che non solo sfida la natura, ma anche le convenzioni sociali. “Il miglior servizio che posso offrire è intrattenere,” afferma, e in questo momento, sembra che l’uragano sia solo l’ultimo tassello di una narrativa costruita con precisione chirurgica.

Se c’è una lezione che possiamo trarre dalla saga di Caroline Calloway contro l’uragano Milton, è che il digitale non conosce limiti. Non esiste evento – per quanto catastrofico – che non possa essere trasformato in una nuova forma di contenuto. E mentre i venti soffiano e le tempeste si abbattono, il vero uragano è quello che si scatena sui social.

Jamie Cohen, professore di studi sui media al Queens College della CUNY (City University of New York), ha osservato che negli ultimi sei o sette anni la narrazione dei disastri naturali sui social network è diventata sempre più comune. Questo tipo di contenuto riscuote ampio seguito, poiché spesso la gente prova una sorta di attrazione nel “fermarsi a curiosare ed esaminare qualcosa di tremendo”. Cohen, parlando al Washington Post, ha spiegato che ciò che rende particolarmente efficaci questi contenuti è la prospettiva in prima persona: offrono agli spettatori un’esperienza più coinvolgente e diretta del disastro.

Alcuni influencer hanno riportato che questi meccanismi di comunicazione hanno rafforzato il senso di comunità con i loro follower. Nei commenti, molte persone si mostravano preoccupate, chiedendo come poter essere d’aiuto, e attendevano con ansia aggiornamenti successivi. Una di queste è Allie Rae, che ha circa 380mila follower sia su Instagram che su TikTok e tra mercoledì e giovedì ha condiviso una ventina di video che hanno ottenuto in totale decine di milioni di visualizzazioni.

Rae secondo quanto dichiara il Washington Post che non era riuscita a organizzarsi per andare via dalla sua casa di Clearwater, sul golfo del Messico, e che non voleva andare in uno dei centri di emergenza allestiti dal governo. Nei suoi video racconta che lei e la sua famiglia si sono riparati prima in una cabina armadio e poi nel locale della spazzatura, mostra l’acqua che entra dalle portefinestre e altri locali allagati anche a causa di perdite dal soffitto. L’influencer aveva addirittura chiesto consigli ai follower su come proteggere una finestra, seguendo poi l’indicazione di una persona che le aveva suggerito di non rimanere al piano terra dell’edificio. Rae ha dichiarato: «Non ci siamo sentiti soli. Sapevamo che milioni di persone ci stavano guardando. Non è che potessero salvarci, ma il fatto che stessero vivendo con noi quell’esperienza è stato rassicurante».

 

 

 

 

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