(di Luigi Noto) Aumentare la capacità produttiva dei singoli olivicoltori, per poter immettere sul mercato un prodotto competitivo dal punto di vista qualitativo e quantitativo. È questo il modello vincente di filiera olivicola che Cofiol, il Consorzio della filiera olivicola nato una decina di anni fa su iniziativa di Manfredi Barbera e oggi presieduto da Alessandro Chiarelli, intende costruire nei prossimi anni per far sì che il comparto olivicolo siciliano possa competere con quello degli altri paesi del bacino del Mediterraneo.
L’analisi dello stato di salute dell’olivicoltura siciliana è stata tracciata durante la dodicesima edizione de L’Isola del Tesolio, la giornata di studi e tasting dedicata alla Sicilia e al suo olio extravergine d’oliva, promossa dal Cofiol a Mazara del Vallo lo scorso 8 settembre. Sebbene il convegno che si è tenuto presso il giardino di Costanza Resort fosse inizialmente concentrato sul valore dell’olio extravergine di oliva a marchio Igp Sicilia nella dieta mediterranea, è stato inevitabile porre l’attenzione alle potenzialità future dell’olivicoltura da olio.
La grande potenzialità della Sicilia nel comparto olivicolo non è messa in discussione. A parlare chiaro sono i numeri: la regione è il terzo produttore nazionale dopo Puglia e Calabria e grazie alle 150 diverse varietà di olive presenti nell’Isola, può vantare una grandissima biodiversità che dimostra quanto la coltura nei secoli si sia via via adattata ad areali diversi per condizioni pedoclimatiche.
«Il Consorzio Cofiol – ha affermato il presidente Alessandro Chiarelli – riesce a dar voce e a promuovere gli olivicoltori e i frantoiani siciliani. Ma l’obiettivo è uno scatto d’orgoglio collettivo per la costruzione di un comparto capace di puntare sull’innovazione delle modalità produttive perchè l’unico modo per essere competitivi sui mercati è riuscire a produrre un olio di qualità a prezzi contenuti che possa essere consumato in sicurezza tutti i giorni e questo possiamo farlo solo abbassando il costo relativo alla raccolta e alla potatura e quindi con un ammodernamento degli impianti». Secondo Chiarelli, in sostanza, nel comparto olivicolo siciliano è fondamentale guardare a nuove forme di coltivazione indirizzandosi al semi intensivo e all’intensivo. Passando dalla densità tradizionale attuale di circa 200 piante per ettaro, a 500 piante per ettaro con il metodo semi intensivo e a oltre 1.200 piante con il metodo intensivo.
A conferma che bisogna cambiare passo e innovare, Paolo Inglese, docente al Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e forestali all’Università di Palermo, ha sottolineato: «Uno dei problemi maggiori del comparto è la mancanza di ammodernamento degli impianti negli ultimi 50 anni, questo fa si che i costi di raccolta e potatura pesino sul costo di produzione totale fino al 70-80 per cento. Numeri che non ci consentono di essere competitivi sui mercati globali se consideriamo che fuori dalla Ue i costi di manodopera sono estremamente più bassi. La Regione deve indicare una seria linea di governo per lo sviluppo dell’olivicoltura in Sicilia, cosa che fino ad ora non c’è stata». E poi la stoccata sulla scarsa efficienza ed efficacia della ricerca: «Sono inutili, a mio avviso – ha osservato Inglese – nove consorzi di ricerca in Sicilia, quando potrebbero bastarne due o tre. Dobbiamo guardare ad esempi virtuosi come quello dell’Alto Adige che ha due grandi centri di ricerca ma di valenza mondiale».
Manfredi Barbera, terza generazione di una famiglia di imprenditori del comparto olivicolo, fondatore e ideatore del consorzio filiera olivicola Cofiol che ha presieduto per 10 anni, ricordando come l’estensione media di ogni azienda in Sicilia sia di un ettaro e mezzo, ha affermato: «Dimensioni aziendali così ridotte ci fanno comprendere quanto sia importante aggregarsi, stare insieme per fare progetti da portare sul mercato. L’obiettivo da perseguire è la realizzazione di prodotti di alta qualità con basso impatto ambientale e con la giusta retribuzione per gli agricoltori».
Quella di quest’anno non sarà un’annata ricca ma dal punto di vista della qualità sarà ottima. «Le olive, a causa del gran caldo di questa estate, stanno già entrando in maturazione e la raccolta sarà anticipata a fine settembre», ha anticipato a margine del convegno Alessandro Chiarelli che ha dato anche qualche notizia sul fronte dei prezzi. «Il prezzo dell’oliva della prossima campagna di raccolta non è stato ancora fissato, ma il prezzo medio di un litro d’olio extravergine all’ingrosso – ha detto – oscillerà tra 4 e 7 euro».
La dodicesima edizione di Isola del Tesolio si è chiusa con la consegna dei premi “Oliva d’oro – selezione speciale Barbera”, iniziativa con cui ogni anno vengono premiate le personalità che si sono distinte nei diversi ambiti nella promozione e nella diffusione della cultura dell’olio extravergine siciliano.
I premiati sono stati: per la salvaguardia dell’ambiente e del consumatore con produzione bio, l’azienda agricola Alessandro Chiarelli; per la fedeltà e la costante affidabilità il frantoio cooperativa Saturnia; per la cura nella scelte delle materie prime, la creatività e l’innovazione, lo chef Riccardo Panarello del ristorante Sesto Canto; per essere punto di riferimento culinario per i top restaurants statunitensi nella fornitura di prodotti di qualità Joe Gurrera dell’azienda Citarella. Inoltre, il premio è andato a Fratelli Arena perché esempio per tutti i siciliani di come si può diventare grandi imprenditori senza perdere i grandi valori di qualità, territorio e famiglia, alla giornalista di Repubblica Licia Granello per la sua dedizione alla cultura del cibo, alla ditta Salvo 1968 di Tito Cumbo da 50 anni promotore della cultura gastronomica siciliana in Inghilterra e da 20 paladino dell’olio extra vergine d’oliva di qualità e a Rosaria Gambino per la dedizione e l’attaccamento all’azienda.