La produzione di grano duro scenderà sotto i 3.5 milioni di tonnellate. E’ questa la previsione nazionale per i prossimi mesi. Come sappiamo la siccità ha messo in ginocchio tantissimi comparti agricoli, costringendo gli agricoltori a tagli e colture “alternative”.
E in Sicilia? Le zone interne della nostra isola sono ormai arse con un paesaggio angosciante dove il poco grano cresciuto è completamente secco per non parlare del fieno inesistente. Una perdita che allo stato attuale supera anche il 70-80 per cento con danni incalcolabili.
In aiuto arriva proprio Coldiretti (CLICCA QUI) con un milione e mezzo di chili di fieno per il sostentamento degli animali. Quest’anno l’allarme è scattato già nei mesi invernali con una preoccupazione crescente che riguarda tutti i comparti. La scelta di macellare i propri capi, quindi il proprio sostentamento economico, rappresenta per la Sicilia l’apice negativo di anni di incapacità ad investire su un sistema infrastrutturale capace di non far disperdere l’acqua e in grado di garantire alle aziende il mantenimento.
“In alcune aree della Sicilia, in particolar modo nelle zone del Catanese, dell’ Ennese e una piccola parte dell’Agrigentino e del Palermitano, il grano non è riuscito completamente a crescere, non si è formata la spiga per la forte siccità“, spiega Ignazio Gibiino presidente della federazione provinciale Coldiretti di Agrigento.
Materialmente la coltivazione è stata completamente abbandonata e in alcuni casi gli agricoltori si sono trovati costretti a tagliare il grano come se fosse fieno per recuperare quel minimo che si poteva recuperare. “Invece, nelle altre zone in cui le condizioni climatiche sono state leggermente migliori il grano è riuscito ad andare in spigatura. Ciò che si è verificata con le prime trebbie, per esempio nella zona di Gela, è una resa ai limiti storici“. La verità è che non si riesce ad ottenere quel poco che servirebbe per poter coprire le spese di produzione.
Le previsioni sono assolutamente negative per il 2024, secondo la stima al momento si pensa ad un record, la produzione più bassa degli ultimi 10 anni. Questo a causa di vari fattori, riduzione della superficie coltivabile, concorrenza sleale di prodotto straniero e soprattutto a causa della siccità.
In un territorio particolarmente vocato alle produzioni cerealicole, con una concentrazione di tanti ettari di terreno, è ovvio che si parli di una estrema perdita. “Oggi la Sicilia si troverà a trebbiatura completa con un ammanco importante di produzione di grano e dobbiamo ricordare che la Sicilia è la seconda regione di importanza per la produzione di grano duro“. Questo produrrà sicuramente un aumento dell’importazione proprio per la mancanza di prodotto a livello regionale. La Sicilia che si è trovata anche ad essere un player importante nel mercato mondiale, adesso sta per perdere la corona. Secondo i dati del servizio informativo agrometeorologico siciliano in Sicilia orientale, è grave il deficit pluviometrico nella regione dove 8 mesi di assenza di piogge hanno portato a una grave siccità dei campi. Si tratta di un’anomalia estrema che perdura dal settembre scorso. In particolare nella zona di Catania da settembre 2023 ad aprile 2024 è mancato circa il 70% delle precipitazioni.
Non è solo questo, si tratta anche dell’effetto del crollo dei prezzi causato dall’invasione di prodotto straniero, infatti nel 2023 sono arrivati quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione mai registrata nella storia del nostro Paese. Questo aggiunto al grano canadese, arrivato a superare il miliardo di chili, ha impattato negativamente sui prezzi del grano. “L’importazione spregiudicata di prodotti che provengono dall’Estero non garantiscono una buona remunerazione all’agricoltore. L’agricoltore, appunto, tra il coltivare e guadagnare poco e non coltivare, in alcuni casi ha preferito non coltivare”. Il Canada, per esempio, ha delle estensioni così grandi in termini di produzione che supera di gran lunga e in grandi termini le dimensioni delle aziende siciliane. “L’azienda media siciliana conta 5 ettari di dimensione, in Canada è una minima parte, loro lavorano tanto sull’economia di scala“.
Il problema della concorrenza sleale è soprattutto in termini di qualità del prodotto, soprattutto dal punto di vista sanitario bisogna ricordare per esempio che il grano proveniente dal Canada “é un grano che nell’ultima fase della coltivazione viene “aiutato” dal glifosate, cosa impensabile e non necessaria nelle coltivazioni in Italia“. Il nostro clima favorisce la coltivazione di questo prodotto, lì invece per contrastare pioggia e neve ci si trova costretti ad utilizzare il pesticida soprattutto nelle fasi di trasporto a causa della forte umidità per evitare la produzione di muffa, chiaramente cancerogena per la salute dell’uomo.
“Non si comprende come si possa trovare una soluzione – conclude Coldiretti Sicilia – visto che lo stesso Governo regionale non è in aula quando di parla di agricoltura“.