(di Redazione) Resa massima di uva per ettaro da abbattere in funzione di una migliore qualità del prodotto e controlli serrati per contrastare la contraffazione. Questi alcuni degli accorgimenti nei piani del governo Conte per contrastare la crisi che in Sicilia (soprattutto in quella occidentale, così come aveva segnalato la Cia) sta colpendo il mercato del vino comune (lo sfuso, che un tempo veniva definito da tavola, per intenderci), sta trascinando nel baratro molte cantine sociali e con esse i piccoli produttori.
Le intenzioni dell’esecutivo nazionale sono stati indicati nella risposta che il ministero delle Politiche agricole ha dato ad una interrogazione del M5S a prima firma del deputato siciliano Antonio Lombardo, che chiedeva quali iniziative il ministero intendesse intraprendere al fine di rilanciare il comparto vitivinicolo siciliano per tutelare chi opera in questo territorio.
Tra le altre cose, nell’interrogazione si chiedeva l’imposizione di nuovi limiti alla resa per ettaro delle uve e di aumentare i controlli per impedire fenomeni di sofisticazione e la pratica vietata dello “zuccheraggio” dei vini.
«Le rispose che ci sono arrivate – afferma Lombardo – sono soddisfacenti. Il ministero ha infatti riconosciuto che la resa massima di uva ad ettaro per la produzione di vini comuni, attualmente pari a 500 quintali, come previsto dalla legge 238 del 2016, è un limite eccessivamente elevato e ha riferito che ritiene che una modifica al ribasso possa essere valutata, di concerto con l’intera filiera vitivinicola, anche in funzione dell’esigenza di puntare con crescente decisione sulla qualità».
«La dichiarazione di intenti circa l’abbassamento delle rese ci lascia soddisfatti ma al momento è appunto solo una dichiarazione di intenti: aspettiamo adesso che vengano fatti i decreti che permettano al comparto vitivinicolo siciliano di potere sopravvivere», dichiarato Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.
Buone le rassicurazioni anche sul fronte dei controlli, che, comunque, già nei mesi estivi dello scorso anno sono stati abbastanza serrati. Il Dipartimento dell’Ispettorato centrale di repressione frodi è il maggior controllore antifrode in Europa, con oltre 3.600 campioni analizzati nel 2018 e 14.200 controlli antifrode.
Anche per quest’anno l’Ispettorato garantisce un livello di attenzione particolarmente elevato nel settore vitivinicolo, cosa che – è stato assicurato nella risposta all’interrogazione – si concretizzerà soprattutto nel corso della campagna vendemmiale e di vinificazione, periodo nel quale è più probabile che si possano verificare pratiche fraudolente di sofisticazione.
Non sembrerebbero attuabili al momento nei piani ministeriali, invece, possibili misure finalizzate alla riduzione dell’offerta per contrastare la stagnazione dei vini comuni, come è quella della distillazione. Una simile scelta, secondo il ministero, potrebbe, infatti, sollevare obiezioni in sede di Unione Europea, dove l’Italia ha sempre sostenuto l’esigenza delle crescita delle superfici dedicate alla viticoltura nel nostro Paese.