(di Redazione) «Giù le mani dai nostri vigneti. Le autorizzazioni al reimpianto devono restare in Sicilia». Lo afferma l’Assessore regionale per l’Agricoltura Edy Bandiera, a seguito del ricorso presentato dalla Regione Veneto al Tar del Lazio per l’annullamento del decreto ministeriale sul sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli.
Si tratta di un momento delicato per il futuro dei vigneti siciliani, che rischiano la decimazione. Se il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dovesse accogliere la richiesta della Regione Veneto di annullare il decreto del ministero delle Politiche agricole emesso a febbraio scorso a tutela degli equilibri produttivi italiani, per il patrimonio viticolo isolano potrebbe aprirsi un periodo davvero buio.
«La Sicilia deve augurarsi che il Tar respinga questo ricorso, più che mai c’è bisogno che l’isola sia compatta nell’opporsi a questo tipo di politiche. Evidentemente la grande quantità di superfici vitate siciliane fa gola a molte aziende, ma non bisogna permettere l’impoverimento del nostro territorio, trasferendo nelle altre regioni le nostre autorizzazioni, il nostro patrimonio. Sarebbe un fatto gravissimo per la nostra economia e il nostro export, che si fondano per buona parte sulla produzione vitivinicola», commenta Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.
Dopo il divieto di vendita dei diritti di impianto, per aggirare il nuovo vincolo imposto da Bruxelles, i produttori hanno usato lo strumento del contratto di affitto di vigneti (magari inutilizzati), anche fuori dalla propria regione. Un viticoltore veneto produttore di Prosecco, ad esempio, prendeva in affitto un vigneto siciliano di Nero d’Avola e, subito dopo la definizione del contratto di locazione, presentava alla regione la richiesta di espianto, con successivo reimpianto (perfino con un vitigno diverso) nella propria area di provenienza e di proprietà.
Era stato proprio l’Assessore Bandiera a difendere e sostenere in Conferenza Stato-Regioni, insieme agli assessori all’agricoltura di Campania, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna e in contrapposizione al Veneto, la posizione di contrasto al fenomeno di depauperamento delle superfici vitate dell’Isola. E su pressione dello schieramento delle regioni contrarie alla “migrazione dei vigneti”, a febbraio scorso il ministero ha emesso un decreto in cui viene sancito che “nel caso di trasferimento temporaneo della conduzione, l’estirpazione del vigneto effettuata prima dei sei anni dalla registrazione del contratto non dà origine ad autorizzazioni all’impianto in una regione differente da quella nella quale è avvenuto l’estirpo”. Con questa norma è stato dunque introdotto, per i vigneti in affitto, un vincolo di conduzione di sei anni nella regione originaria, prima che la relativa autorizzazione possa emigrare verso altre regioni. Circostanza poco conveniente alla maggior parte dei viticoltori. Contro questa misura la Regione Veneto ha presentato un ricorso al Tar del Lazio, facendo leva su una norma del 2013: si tratta dell’articolo 66 del regolamento 1308/2013, dove è previsto che gli stati membri concedano automaticamente un’autorizzazione a produttori che hanno estirpato una superficie vitata successivamente all’1 gennaio 2016 e che hanno presentato una richiesta. La decisione del Tar dovrebbe arrivare nei prossimi giorni, il ricorso ha comunque comportato il blocco delle nuove assegnazioni: gli elenchi sono pronti ma non possono essere resi pubblici.
La Sicilia, nonostante le migrazioni dei vigneti avvenute negli anni passati, resta la regione con la maggiore superficie vitata: quasi 100 mila ettari (dati Istat 2016) cioè quasi un sesto del totale italiano, che si attesta sui 640 mila ettari. L’isola nel 2000 aveva 136 mila ettari a vigna e in 16 anni ne ha persi 37 mila. Dati opposti, invece, in altre regioni come Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Toscana, dove le superfici vitate sono cresciute di migliaia di ettari.