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Il Tar del Lazio respinge il ricorso dei pastai. L’origine del grano sarà in etichetta
di Angela Sciortino

Tar-del-Lazio

(di Redazione) L’origine del grano sull’etichetta della pasta da febbraio 2018 ci sarà. Il Tar del Lazio ha, infatti, bocciato il ricorso dei pastai contro il Decreto dei Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda con cui è stata introdotto in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima.

Secondo Coldiretti la decisione del Tar del Lazio accoglie le richieste dell’81% degli italiani che chiedono maggiore trasparenza su quello che mangiano e portano in tavola.

«Prendiamo atto con soddisfazione che la Magistratura – sottolinea il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – ha riconosciuto il primato degli interessi dell’informazione dei cittadini su quelli economici e commerciali, respingendo un ricorso che andava contro gli interessi dell’Italia e degli Italiani che chiedono più trasparenza».

Secondo il presidente di Coldiretti, poi, «non si può impedire ai consumatori di conoscere la verità privandoli di informazioni importanti come quella di sapere se nella pasta che si sta acquistando è presente o meno grano canadese trattato in preraccolta con il glifosate, accusato di essere cancerogeno e per questo proibito sul grano italiano».

Ma il decreto per l’etichettatura d’origine della pasta ha anche un’altra forte motivazione e riguarda gli agricoltori. Punta, infatti, a contrastare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione con una drastica riduzione delle semine e il rischio di abbandono per un territorio di due milioni di ettari coltivati situati spesso in aree marginali. L’Italia, è bene ricordarlo, è il secondo consumatore mondiale di grano duro ed il principale produttore europeo con 4,3 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% della produzione nazionale.

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