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Il Siciliano arriva su Google translate: ed era ura!
di Alexsandra Taormina

Sono 110 le nuove lingue e dialetti che arrivano tra le traduzioni del colosso statunitense. “La più grande espansione di sempre”, considerando che nel 2022 erano soltanto 24 quelle nuove, dichiara il colosso tech, precisando che le nuove lingue rappresentano più di 614 milioni di parlanti, aprendo le traduzioni a circa l’8% della popolazione mondiale.

Grazie al supporto dell’IA e alla continua collaborazione con esperti linguisti e madrelingua – sostengono da Mountain View– in futuro saranno supportate ancora più varietà linguistiche e convenzioni ortografiche.

Ma andiamo a noi. Tra le più attuali e fresche collaborazioni, emerge quella con Cademia Siciliana, in italiano Accademia Siciliana, cui mission è quella di diffondere e preservare la lingua siciliana nel mondo. E qual è il miglior modo per fare promozione linguistica se non la rete e Google?

Eureka! Google Translate è infatti la porta d’accesso per valicare le barriere linguistiche “chiù camurrusi”. Il portale basic, immediato, alla portata di tutti che grazie anche alla possibilità di poter salvare le traduzioni e ascoltarle, ti consente di creare un piccolo scrigno di frasi, espressioni, parole utili.

Ma perché il siciliano?

Nonostante la sua bellezza e la sua storia, il “sopra indicato” è classificato come idioma vulnerabile.

Il dialetto, “mi scusassi”, la lingua siciliana, è un autentico tesoro linguistico che custodisce l’essenza della cultura e dell’identità della Sicilia. È molto di più di un semplice modo di parlare; rappresenta una memoria storica vivente, un mosaico di influenze che si sono stratificate nel tempo, uno stile di vita; tutto questo rende la lingua siciliana unica nel suo genere.

Il risultato di queste influenze è una lingua ricchissima, capace di raccontare la storia di una regione attraversata da popoli di ogni angolo del Mediterraneo. Il siciliano non è solo un mezzo di comunicazione ma una chiave per comprendere le dinamiche storiche, culturali e sociali che hanno modellato la Sicilia nel corso dei secoli. La sua preservazione e valorizzazione sono fondamentali per mantenere viva l’identità di un’isola che, attraverso il suo dialetto, tiene stretto il filo di una narrazione millenaria.

Il riconoscimento ufficiale è arrivato quando l’UNESCO lo ha proclamato lingua madre, convalidando la sua importanza in quanto espressione artistica e letteraria al fine di preservare tradizioni, storie e saggezza popolare del meridione.

Il timore oggi è infatti quello che i giovani possano completamente abbandonare ciò che riguarda la lunga e arcaica tradizione siciliana. Se dovessimo mai chiedere infatti alla nostra Gen Z di recitare una poesia di Ignazio Buttitta o una canzone di Rosa Balistreri, sarebbero in grado di farlo?

Forse no, ma sicuramente da questo momento sia i più giovani che i turisti hanno la possibilità di soddisfare eventuali curiosità traducendo e salvando anche piccoli versi o espressioni dialettali.

Un populo diventa poviru e servu quannu ci arrubbano a lingua addutata di patri: è persu pi sempri”.

Tratto dalla poesia “Lingua e Dialettu” di Ignazio Buttitta

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