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Il digitale è davvero il futuro, ma per chi? Il gender gap tecnologico e la trappola dell’innovazione a metà
di Alexsandra Taormina

Negli ultimi dieci anni, la tecnologia ha rivoluzionato il nostro modo di vivere, lavorare e interagire. Ma se il digitale è il futuro, per chi lo stiamo costruendo? I numeri parlano chiaro: il settore tech, la ricerca sull’intelligenza artificiale e l’innovazione digitale sono ancora dominati dagli uomini. Secondo il Bureau of Labor Statistics, meno del 30% della forza lavoro tecnologica è femminile, e solo un lavoratore su cinque nell’ambito delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) è donna.

Una realtà che non riguarda solo l’occupazione, ma l’intero ecosistema dell’innovazione. Se gli algoritmi vengono sviluppati principalmente da uomini, il rischio è che il futuro digitale replichi e amplifichi i pregiudizi del passato. Non si tratta solo di parità salariale o di opportunità di carriera, ma di una questione strutturale: le donne hanno meno possibilità di plasmare le tecnologie che determineranno il nostro domani.

 

La falsa meritocrazia e il peso degli stereotipi

Chi lavora nel digitale sa bene quanto il settore sia permeato dalla retorica della meritocrazia. “Se sei bravo, vai avanti. Il talento premia sempre.” Ma è davvero così?

Le donne nel tech devono costantemente dimostrare di essere più competenti, più preparate e più veloci dei colleghi uomini per ottenere lo stesso riconoscimento. E quando ci riescono, spesso vengono assegnate a ruoli di immagine e relazione piuttosto che a quelli strategici e decisionali. La questione non è aneddotica, è strutturale: il 75% dei ruoli manageriali nel settore tecnologico è occupato da uomini, mentre la presenza femminile si concentra in posizioni di middle management o in ambiti meno tecnici. Ancora oggi, molte professioniste si trovano a subire dinamiche tossiche che penalizzano il loro valore. In troppe aziende, gli uomini meno capaci si nascondono dietro le colleghe più operative, mentre le donne diventano il parafulmine di colpe, stress e pressioni. Se vogliamo che il futuro sia davvero meritocratico, dobbiamo riscrivere le regole del gioco.

Il prezzo dell’esclusione: AI e gender bias

L’intelligenza artificiale sta riscrivendo le regole di interi settori, dalla sanità alla finanza, dall’intrattenimento all’istruzione. Ma se i modelli su cui si basa l’AI sono creati prevalentemente da uomini, chi si assicura che le nuove tecnologie siano davvero inclusive?

I casi di AI che perpetuano discriminazioni di genere sono numerosi: dai software di recruiting che penalizzano i curricula femminili, agli assistenti vocali programmati per avere una voce femminile servile, fino agli algoritmi pubblicitari che mostrano annunci di lavori ben pagati principalmente agli uomini. Se l’innovazione non è pensata per essere equa, finisce per rafforzare le disuguaglianze preesistenti. Il cambiamento non arriverà da solo. O lo costruiamo, o continueremo a subirlo.

 

Lavoro digitale e diritti: quando il progresso è a senso unico

Il gender gap non riguarda solo la presenza nelle aziende tech, ma si riflette in una più ampia questione di diritti. Le donne continuano ad essere pagate meno degli uomini, non hanno ancora ottenuto il riconoscimento del congedo mestruale, e spesso si trovano in ambienti di lavoro dove il sessismo è una regola non scritta. La leadership femminile è ostacolata, non solo da pregiudizi, ma anche da un ambiente lavorativo in cui è più facile urlare contro una donna che contro un uomo.

Il problema non è solo economico, ma culturale: le donne sono spesso usate per il loro aspetto più che per il loro talento, mandate in prima linea per trattare con clienti e partner mentre gli uomini restano dietro le quinte a gestire il potere decisionale. Si parla di soft skills e di capacità comunicative, ma spesso è solo un modo per relegare le donne a ruoli di supporto, mentre gli uomini avanzano nella gerarchia aziendale.

Un futuro che non sia solo una copia del passato

Se davvero vogliamo parlare di innovazione, il primo passo è rompere il circolo vizioso che tiene le donne ai margini della rivoluzione digitale. Serve un cambiamento su più livelli:

  • Più accesso alla formazione STEM per le donne
  • Maggiori garanzie salariali e tutele nei luoghi di lavoro
  • Un approccio inclusivo alla progettazione delle nuove tecnologie
  • Più donne nei team che sviluppano l’AI e il digitale

Le aziende che vogliono davvero essere all’avanguardia devono smettere di considerare l’inclusione come un’operazione di facciata e mettere un punto al green washing della comunicazione e della coscienza. Bisogna iniziare a costruire ambienti di lavoro equi, dove il talento conta più del genere. Il digitale è il futuro. Ma senza le donne, sarà un futuro zoppo.

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