Non sono positive le prime stime sulle produzioni di grano italiani che segnano un calo produttivo medio del 20%, anche se i prezzi dovrebbero attestarsi in linea con le medie del periodo nonostante i costi di lavorazione siano più che raddoppiati rispetto allo scorso anno. Colpa del caldo torrido anticipato e l’assenza di piogge che potrebbero influire in maniera determinante sulle rese dei campi italiani. E’ questa la situazione a oggi tracciata da Cai – Consorzi Agrari d’Italia, Sis – Società Italiana Sementi e Ibf Servizi nell’ambito dell’ultima tappa de “Le Giornate in Campo 2022″.
In Emilia Romagna e Veneto le prime previsioni parlano di un calo intorno al 10%, mentre per le regioni centrali la diminuzione potrebbe attestarsi al 15-20%. La forbice si allarga al Sud con un calo tra il 15 e il 30% soprattutto nelle isole.
Sono lontani i numeri dell’annata record dello scorso anno, ma sono distanti anche i dati di un’a campagna ordinaria che prevede al Nord rese di 70 quintali a ettaro per il grano duro e di 80 quintali/ettaro per il tenero, al Centro tra i 50 e i 60 quintali e intorno ai 30-40 quintali/ettaro al Sud.
I dati sulle superfici coltivate a cereali, fermi a gennaio secondo la rilevazione Istat che non tiene conto delle semine tardive di numerose regioni, vedono il frumento tenero attestarsi a poco più di 500 mila ettari (+1% rispetto al 2021), mentre il grano duro è fermo a 1,21 milioni di ettari (-1,5%).
In controtendenza, invece, i dati sulle superfici destinate a grano da seme, con il grano duro con +8% mentre il tenero resta invariato, segno di una fiducia crescente degli agricoltori verso i contratti di filiera.