(di Luigi Noto) Tempi duri per chi pensa di vendere come farina di uno dei tanti grani antichi siciliani una farina comune. Niente più solo tracciabilità basata solo su evidenze cartacee: la conferma della sincerità dell’etichetta sarà ricercata con una verifica di laboratorio.
Per smascherare le frodi, adesso che gli studiosi hanno studiato il genoma di ben 30 varietà di grano che fanno parte della collezione della Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia di Caltagirone (Ct), gli organi preposti ai controlli antifrode, potrebbero fare ricorso all’analisi del Dna.
Ciò sarà possibile adesso che sulla rivista “Plants” sono stati pubblicati i risultati del primo studio sulla caratterizzazione genetica e morfo-qualitativa della collezione di germoplasma di “grani antichi” siciliani che comprende 27 varietà di grano duro, 1 di frumento tenero e 2 varietà storiche di grano duro.
Al lavoro, condotto all’interno del progetto finanziato dal Miur nell’ambito del Pon “Sviluppo tecnologico e innovazione per la sostenibilità e competitività della cerealicoltura meridionale”, hanno partecipato attivamente il Crea, con il suo Centro di ricerca Difesa e Certificazione, l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Cnr di Palermo e la stessa Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura.
I ricercatori hanno utilizzato marcatori genetici (molecolari) a singolo nucleotide (Single Nucleotide Polymorphism – Snp), che hanno permesso di evidenziare la diversità genetica dei frumenti storici siciliani, mediante un’impronta genetica (fingerprinting) riproducibile per ciascuna varietà della collezione, utile per la tracciabilità dei prodotti della filiera del grano antico.
La raccolta dei grani duri siciliani (accessioni, si chiamano in gergo scientifico) su cui è stata condotta la ricerca, conservata presso la Stazione Sperimentale di Granicoltura, è stata realizzata a partire dagli anni ’40 da Ugo De Cillis e Nazzareno Strampelli, padri fondatori della ricerca agricola italiana.
Il risultato dello studio è rilevante al fine della tutela di produttori e consumatori da possibili frodi commerciali, soprattutto in considerazione della crescente riscoperta dei cosiddetti “grani antichi” da parte dei consumatori e dell’interesse economico ad essa correlato.
Non deve essere trascurata, poi, l’importanza che la ricerca riveste nella conservazione dell’inestimabile patrimonio genetico anche per futuri programmi di miglioramento genetico per queste varietà di cereali, finalizzati soprattutto agli aspetti qualitativi, alla loro attitudine alla trasformazione e alla salvaguardia della biodiversità.
In Sicilia, una delle regioni storicamente più importanti per la produzione di grano duro, si assiste da alcuni anni all’incremento delle superfici coltivate con varietà storiche locali, per molti anni quasi dimenticate.
Si è sviluppata così una piccola filiera dedicata, che ha portato all’iscrizione di 16 varietà di frumento siciliano locali in aggiunta alle tre già iscritte nel “Registro Nazionale delle varietà da conservazione delle specie agrarie e delle specie ortive”.
La disponibilità di una “Banca del germoplasma” di frumenti storici siciliani, il cui obiettivo principale è quello di salvaguardare le risorse genetiche, è risultata fondamentale per lo studio della variabilità genetica della specie e per la messa a punto di strumenti tecnici avanzati per una certificazione di filiera.