Per effetto della speculazione il prezzo del grano scende dell’8,5% nell’ultima settimana nonostante il permanere delle tensioni internazionali con lo stop alle esportazioni deciso dall’Ungheria e dall’Ucraina e l’annuncio della Russia di sospendere le esportazioni di grano, riso, orzo e mais nell’Unione Economica Euroasiatica (Eeu) fino al 31 agosto. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti alla chiusura settimanale della borsa merci di Chicago che evidenzia come in una situazione di difficoltà dei mercati la speculazione si estende dall’energia alle materie prime agricole.
Una netta inversione di tendenza con il calo settimanale più rilevante dall’agosto 2016 che segue però – sottolinea la Coldiretti – il balzo del 40,1% delle quotazioni del grano nella settimana precedente. Un andamento – sottolinea la Coldiretti – che non significa il superamento delle difficoltà, ma piuttosto l’accresciuto interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che ha approfittato degli alti valori raggiunti per realizzare profitti. Le speculazioni – spiega la Coldiretti – si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre piu’ dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto.
Una speculazione sulla fame che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati, con le quotazioni sul mercato future di Chicago che per il grano restano comunque ai massimi per un valore di 11,06 dollari per bushel (27,2 chili) ma su livelli alti si collocano anche le quotazioni di mais (7,62 dollari per bushel) e soia, secondo l’analisi della Coldiretti. Una situazione che – spiega la Coldiretti – aggrava l’emergenza in Italia che è un Paese deficitario su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento.
In questo contesto sono importanti – sostiene la Coldiretti – le conclusioni della riunione informale tra i Capi di Stato o di Governo a Versailles (FR) nelle quali si pone per sfuggire alle speculazioni in atto sul mercato internazionale sono pone l’obiettivo di “migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi , in particolare aumentando la produzione di proteine vegetali dell’UE con l’invito alla “Commissione a presentare quanto prima opzioni per affrontare l’aumento dei prezzi alimentari e la questione della sicurezza alimentare globale.”
“Per rispondere all’invito dei capi di Stato in Italia siamo pronti a coltivare da quest’anno un milione di ettari aggiuntivi di terreno per produrre 75 milioni di quintali in più di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione sulla base di contratti di filiera necessari per ridurre la dipendenza dall’estero” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare positivamente “l’impegno dell’Unione Europea a difendere la sovranità alimentare per rendere l’Europa più autosufficiente dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo, in un momento di grandi turbolenze ma garantendo però elevanti standard di sicurezza alimentare sia nella produzione interna che in quella importata a garanzia delle imprese e dei consumatori europei.”
“La pandemia prima e la guerra poi hanno dimostrato che la globalizzazione spinta ha fallito e servono rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare come cardine strategico per la sicurezza” afferma Prandini nel chiedere “interventi urgenti e scelte strutturali”. La stessa politica agricola, Comune (Pac) e il Pnrr oggi sembrano già inadeguati a rispondere alle esigenze del tempo nuovo che stiamo vivendo e – sottolinea Prandini – vanno modificati. “Per questo bisogna agire subito – continua Prandini – facendo di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’Ismea, riducendo le percentuali Iva per sostenere i consumi alimentari, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali.
E poi investire – conclude Prandini – per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.