Dal 30 agosto si torna a scavare sul Monte Alburchia, luogo simbolo di Gangi posto al confine tra le Madonie e gli Erei a 968 metri di altitudine, che fu sede di insediamenti umani probabilmente a partire dall’età arcaica.
A renderlo noto l’assessore ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana Alberto Samonà.
La campagna di scavi è possibile grazie alla messa in sicurezza del costone roccioso e sarà realizzata , sotto la direzione scientifica della Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo in collaborazione con il Comune di Gangi grazie al finanziamento del Ministero dell’Interno. Il coordinamento dell’indagine archeologica si attesta alla Sezione per i Beni archeologici diretta da Maria Marrone e sarà curato da Rosa Maria Cucco, cui si affiancano Filippo Iannì e Santo Ferraro, archeologi dell’Associazione Culturale ARTEC.
Gli scavi saranno realizzati nella parete Nord, dove sono visibili le edicole scavate nella roccia, già segnalate negli anni ’90 dall’archeologo Santo Ferraro.
Secondo gli storici su questo monte sorgeva un insediamento, i cui resti più antichi risalgono al VII secolo a.C.: per alcuni si tratta della città di Herbita, altri ritengono si trattasse di Engyon. Le notizie tramandate dagli storici dell’antichità ne parlano come di una città ricca e costituita da abitanti onesti (Cicerone, Verrine). Una città che, sotto l’impero romano, fornì molti tributi cerealicoli utilizzando per il trasporto la strada Enna-Halaesa che, proprio sotto i romani, era divenuta la città con il porto più importante della zona tirrenica.