Tra tensioni, maratone e malumori, l’Assemblea Regionale Siciliana ha dato il via libera alla Finanziaria: un voto che ha chiuso una delle sessioni più travagliate della legislatura, segnando comunque un traguardo storico per Sala d’Ercole.
Dopo ore di dibattito protratto fino a notte fonda e una seduta conclusasi nelle prime ore dell’alba, la legge di stabilità 2026–2028 è stata approvata senza ricorrere all’esercizio provvisorio, un risultato che il presidente dell’Ars ha definito significativo ma che non ha cancellato le ferite politiche aperte durante l’esame del testo.
Tensioni evidenti tra maggioranza e opposizione, critiche nette da parte dei gruppi contrari, e malumori interni alla coalizione hanno caratterizzato ogni fase della discussione.
Ma adesso che i riflettori si spostano sui singoli articoli, resta da capire come questa legge, frutto di compromessi e stralci dell’ultimo minuto, influenzerà i settori chiave dell’economia e della governance regionale.
Con l’articolo 1, nello specifico, incentivi a sostegno delle assunzioni a tempo indeterminato, è iniziato l’esame degli emendamenti. Apprezzamenti, seppur corredati da chiarimenti, sono giunti dai partiti, che hanno inteso sostenere l’occupazione in Sicilia.
Ignazio Abbate
Pieno sostegno anche da parte della Democrazia Cristiana, gruppo guidato dal presidente della I Commissione Affari Istituzionali Ignazio Abbate, che ha suggerito l’inserimento di due correzioni: che l’assunto abbia residenza in Sicilia e che venga incluso in toto il comparto agricolo, in particolar modo il settore della trasformazione.
Proprio quest’ultima offre un enorme supporto ad un comparto altrimenti dimenticato.
Ma andiamo con ordine.
Cosa dice l’articolo 1?
L’articolo 1 introduce la cosiddetta “Decontribuzione Sicilia”, ovvero un contributo a fondo perduto pari al 10% del costo annuale del personale per ogni nuovo lavoratore assunto con contratto stabile e impiegato in una sede sull’Isola.
La misura, destinata esclusivamente alle imprese private con almeno un’unità produttiva in Sicilia, prevede un plafond di 150 milioni di euro all’anno, per un totale di 450 milioni nel triennio, e rappresenta uno dei pilastri della manovra finanziaria del governo Schifani, volta a incentivare la stabilità occupazionale e la competitività del tessuto produttivo regionale.
Il contributo base del 10% può salire al 15% in diversi casi, per l’assunzione di donne o di lavoratori over 50 disoccupati da almeno due anni, per le aziende che introducono piani di welfare aziendale, modelli di sostenibilità ESG (ambientale, sociale e di governance), investimenti specifici in salute e sicurezza sul lavoro, o che riducono l’orario settimanale a 35 ore mantenendo la stessa retribuzione.
Ulteriore potenziamento per le assunzioni legate a nuovi investimenti produttivi, in linea con le norme europee sugli aiuti di Stato. In questi casi, il rimborso può arrivare fino al 60% per le piccole imprese, al 50% per le medie e al 40% per le grandi.
L’emendamento voluto da Ignazio Abbate, presidente della I Commissione Affari istituzionali, così aggiunto nell’articolo, salva l’agroindustria negli incentivi occupazionali della legge di stabilità 2026-2028.
Di cosa si tratta?
La Sicilia è terra di eccellenze agricole, con materie prime uniche al mondo: agrumi, olio, vino, prodotti lattiero-caseari, conserve e carni di alta qualità. Eppure, il comparto agroalimentare soffre da anni di una filiera incompleta.
Le produzioni primarie abbondano, ma la trasformazione industriale avviene spesso al Nord Italia, le materie prime viaggiano verso impianti consolidati, vengono lavorate e poi ritornano sull’Isola per la vendita, con costi di trasporto che gravano sui prezzi finali e riducono il valore aggiunto locale.
Negli anni, infatti, non si è mai sviluppata un’industria agroalimentare importante e capace di poter ricevere e trasformare tutti i prodotti che vengono prodotti in Sicilia.
Risultato: meno occupazione qualificata in Sicilia, prezzi più alti per i consumatori e una dipendenza strutturale da altre regioni.
L’inclusione in toto del comparto agricolo permette alle imprese che lavorano succhi di frutta, conserve, prodotti lattiero-caseari, carni e altri derivati di accedere al beneficio, riducendo i costi del personale e favorendo nuove assunzioni stabili.
“Un intervento necessario per chiudere finalmente la filiera in Sicilia – spiega Ignazio Abbate –. Abbiamo materie prime straordinarie, ma senza trasformazione locale perdiamo valore e occupazione. Questo emendamento dà ossigeno a un settore strategico, stimolando investimenti e crescita”.
Con un plafond di 150 milioni di euro annui per il triennio (totale 450 milioni), la misura rappresenta un’opportunità concreta per sviluppare un’industria agroalimentare siciliana competitiva, trattenendo sull’Isola il valore delle produzioni agricole e creando posti di lavoro qualificati.
Un merito riconosciuto all’azione parlamentare di Ignazio Abbate, che ha colto una lacuna storica e l’ha trasformata in un sostegno reale per l’economia dell’Isola.
Un segnale di attenzione verso un comparto che può trainare la ripresa siciliana, rendendo i prodotti più accessibili e rafforzando l’autonomia regionale.