(di Redazione) Il 2018 sarà ricordato come una delle peggiori annate di sempre per l’olivicoltura nazionale, con una produzione di olio di oliva più che dimezzata rispetto al 2017 (-57 per cento). È quanto emerge dalle ultime elaborazioni Ismea sulla base dei dichiarativi di dicembre, che collocano la produzione di olio di oliva del 2018 a 185 mila tonnellate, in ulteriore ribasso rispetto alle stime – già poco ottimistiche – presentate a ottobre, a frantoi ancora chiusi.
In particolare sono state le regioni del Mezzogiorno ad accusare le perdite maggiori, con la Puglia, che da sola rappresenta circa la metà della produzione nazionale, colpita da una flessione stimabile attorno al 65%, a causa delle gelate e dei problemi fitosanitari che hanno colpito gli uliveti.
Negli ultimi sei anni – sottolinea l’Ismea – è già la terza volta che le campagne di “scarica” si presentano con flessioni produttive che vanno oltre la fisiologica alternanza, a causa della frequenza con cui si manifestano eventi meteorologici avversi.
I riflessi sul mercato della scarsità di prodotto non hanno tardato a manifestarsi. I listini dell’extravergine hanno raggiunto, infatti, a dicembre i 5,60 euro al kg (+40 per cento rispetto a giugno), con valori superiori ai 7 euro al chilo in Sicilia e vicini ai 6 euro nella provincia di Bari. Nonostante tali recuperi, rimane comunque negativo il confronto dei prezzi su base annua anche per la pressione determinata dal mercato spagnolo che, di contro, può contare su una campagna produttiva abbondante.
Secondo le ultime stime, la produzione iberica sfiora infatti 1,6 milioni di tonnellate (+24 per cento) sul 2017, determinando una flessione dei listini spagnoli e condizionando anche il mercato greco e tunisino, dove invece la produzione è prevista in calo di oltre il 30 per cento.