(di Luigi Noto) C’è grano e grano. Quando si parla di questo prodotto agricolo di grande importanza per l’alimentazione dei popoli mediterranei bisogna essere più precisi. C’è il grano duro (quello per fare la pasta, ma spesso usato anche per fare i pani tipici della tradizione), e quello tenero usato prima solo per fare I dolci, successivamente anche per il pane. Ci sono grani antichi, oggi in grande spolvero, e ci sono i grani moderni frutto di selezioni genetiche avanzate.
Sin dal XVIII secolo la varietà più coltivata per la produzione di pane e pasta, era la “tumminìa” (in italiano si chiama Timilia) un tipo di grano duro, seminato in inverno avanzato o in primavera quando le semine autunnali fallivano o non potevano essere effettuate per le condizioni meteorologiche avverse. Si usava il grano tenero per il pane che si portava sulle dei nobili cittadini e che, seppur morbido e simile a una brioche, risultava sensibile alle alte temperature e inadatto alla conservazione. Il grano tenero era anche chiamato “robba ìanca” o “robbabbianca”, ed inizialmente era molto più usato per fare i biscotti e i dolci secondo l’uso introdotto dai monsù.
Il ciclo del grano, gli antichi attrezzi, i canti dei mietitori, i modi di dire, le parole, le testimonianze fotografiche sono stati tutti raccolti in una curatissima mostra e un altrettanto ricco convegno che è stato concluso da una degustazione finale curata da Bonetta Dell’Oglio e basata, ovviamente, sul pane, accompagnato da companatico locale: olio extravergine di oliva, pecorino Dop, pomodoro secco, cipolla e acciughe. Tutti prodotti siciliani offerti da Gustoso – Sicilyfood, Confcommercio, Molini Riggi, Oleificio Asaro, Pandittaino, Sicilformaggi, Saporapp e Tasca D’Almerita.