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Crisi idrica, l’utopia necessaria dei dissalatori per arginare gli effetti della siccità nell’Isola
di redazione siciliarurale

Il servizio dell’acqua pubblica nei prossimi mesi in Sicilia verrà messo a dura prova mentre aumentano le tariffe e diminuisce la capacità di offrire risposte convincenti di medio-lungo termine per risolvere il problema. E’ questo il paradosso della crisi idrica in Sicilia, che a forza di tirar fuori dal cilindro soluzioni-tampone sta terminando anche le pezze per tappare i buchi di un sistema ormai con le spalle al muro.

Da Catania a Trapani, da Messina ad Agrigento, fino a Palermo. Nessuna provincia è riuscita a scampare all’emergenza, costringendo gli agricoltori a denunciare a gran voce i propri disagi e molti Comuni a ricorrere al razionamento. Negli ultimi anni la rincorsa all’oro blu siciliano sta vivendo uno dei suoi momenti più critici (CLICCA QUI), tra l’avanzare del cambiamento climatico e gli evidenti gap infrastrutturali.Benvenuti nel Terzo Mondo” penserebbero in tanti ma non è detta ancora l’ultima. Esempi virtuosi certificano che combattere la crisi idrica attingendo da altre fonti è possibile. Stiamo parlando dei dissalatori.

In Italia, limitata a poche strutture di piccole e medie dimensioni, e anche in Sicilia non sono certamente opere sconosciute. Esistono, ma non sono mai state considerate come il cavallo vincente su cui puntare, come in passato hanno fatto Spagna, Israele, Australia, Arabia Saudita o altri Paesi del Golfo. Tutti Stati che hanno vinto le loro scommesse, sfruttando una risorsa inesauribile come il mare. Lo Stato iberico, per esempio, conta 765 impianti e con questa tecnica oggi destina il 50%-70% dell’acqua prodotta all’irrigazione dei campi.

Ma come funzionano questi impianti e perché sono così chiacchierati ma poco considerati (almeno in Italia)?

I dissalatori si basano, appunto, sui processi di dissalazione, cioè di rimozione della frazione salina, trasformando così l’acqua marina in quella potabile, per i suoi più svariati usi: alimentare, domestico, industriale o agricolo.

Uno dei timori maggiori è sempre stato legato all’impatto ambientale, scaturito soprattutto dallo smaltimento della salamoia che avanza dal processo. Il tempo e le nuove tecnologie sembrano aver scongiurato anche queste ultime preoccupazioni. Esistono, infatti, vari tipi di infrastrutture, che si differenziano per i loro sistemi di lavorazione: a osmosi inversa, a evaporazione, per scambio ionico o anche combinati. Senza contare le ricerche in atto per migliorarle ulteriormente con il supporto dell’intelligenza artificiale. Il primo è il più diffuso. L’85% delle opere installate in giro per il mondo funzionano proprio prelevando l’acqua dal mare e incanalandola verso una serie di membrane filtranti che trattengono sali e impurità. Oltre a essere la tecnica più comune è anche quella che richiede meno energia.

ilSicilia.it più volte si è soffermato e ha approfondito tutte le varie sfaccettature che confluiscono nell’emergenza siccità. Ultima in ordine cronologico è la puntata di Bar Sicilia (CLICCA QUI), direttamente dalla diga Rosamarina di Caccamo, impianto che attualmente contiene soltanto 15 milioni di metri cubi d’acqua, molto al di sotto della propria capacità di 80 milioni. Protagonista di questa chiacchierata è stato il commissario per l’emergenza siccità in agricoltura della Regione Siciliana Dario Cartabellotta. Tra i vari temi non è certamente mancato il possibile impiego dei dissalatori. Proprio quest’ultimi sono previsti tra gli interventi a breve termine, oltre a quelli di medio termine, indicati all’interno della relazione della Protezione civile regionale indirizzati con la richiesta di stato di emergenza nazionale dal governo Schifani a quello Nazionale (CLICCA QUI).

Gli interventi immediati coinvolgono anche il tema della desalinizzazione. L’uso dell’acqua del mare, come dimostrano le tecnologie avanzate di eliminazione di sale dall’acqua, è l’uso più a portata di mano, almeno per quello civile“. Ha dichiarato Cartabellotta che ha comunque messo dei paletti legati ai costi e sull’utilizzo:I costi sono elevati e non possiamo immaginarli per l’agricoltura, dove invece si apre la strada delle acque reflue“. Non a caso, sottolinea il commissario, la cultura dei dissalatori non può camminare sola, ma necessita di essere abbinata ad altri tasselli, come la cultura del risparmio o dei depuratori, oltra nota dolente dell’emergenza siciliana (CLICCA QUI).

Per comprendere al meglio il tema, spesso poco conosciuto, la scorsa settimana, si è svolto, presso il dipartimento di Ingegneria dell’Università di Palermo, il forum regionale “Il Ruolo della Dissalazione dell’acqua di mare e delle tecnologie correlate, integrate in ambito di economia circolare, per la sostenibilità del fabbisogno idrico in Sicilia e nelle Isole Minori. Un lungo dibattito che ha acceso i riflettori su diversi punti: impianti, sostenibilità, uso per scopi agricoli, la possibilità di creare una filiera tutta italiana, opportunità e un viaggio tra passato, presente e futuro. “Il convegno – ha dichiarato Cartabellotta – è stato molto interessante. Sono stati analizzati gli apporti scientifici con l’Università ma anche con le imprese che producono questi mezzi per desalinizzare le acque, anche con soluzioni mobili immediatamente operative e applicabili. E’ una cosa che avviene in tutte le parti del mondo“.

La Sicilia, in realtà, per una volta può dire di aver anticipato i tempi, nonostante poi la brusca frenata. Infatti, esistono dissalatori la cui realizzazione risale agli anni Novanta, ma molti dei quali già in disuso, come quelli di Gela, Trapani e Porto Empedocle. A trarne i frutti migliori sono state le Isole minori, come Vulcano e Ustica. Quest’ultimo, terminato nel 1995, serve anche Pantelleria, Lampedusa e Linosa e ha una portata complessiva di oltre 460 metri cubi d’acqua all’ora. “Il senso della delibera degli interventi previsti dal governo Schifani – ha aggiunto Cartabellotta – è anche quello di ripristinare impianti come quelli di Gela o Porto Empedocle, risalenti alla crisi idrica del 2002“. E ha aggiunto: “Si tratta comunque di vecchie tecnologie – ha spiegato – e come dimostrato nel corso del convegno oggi esistono nuove tecnologie a osmosi che consentono dei risultati migliori. Ora sono possibili anche gli abbinamenti con il sistema fotovoltaico e con l’energia rinnovabile che consentono di risparmiare anche sul costo energetico“.

A proposito di risparmio. Nei Comuni in cui queste strutture sono ormai realtà, a beneficiarne sono state anche le tasche degli abitanti, che hanno visto diminuire significativamente il peso delle tariffe. Se l’acqua dissalata sta diventando sempre più competitiva, non bisogna però dimenticare il costo importante per la costruzione e il funzionamento di questi impianti. Una media tra costi-opportunità ha dimostrato, però, che nel medio e lungo periodo il gioco vale la candela.

I piani alti delle istituzioni fino a oggi hanno tirato il freno a mano, ma dopo le ultime novità una svolta potrebbe essere dietro l’angolo. Intanto c’è chi è sceso in piazza proprio per richiedere l’introduzione dei dissalatori. E’ il caso di Licata, con i cittadini stanchi dei razionamenti causati della siccità che ha investito tutta l’area agrigentina. La richiesta, semplice ma disperata, è la possibilità di poter godere normalmente dell’acqua per uso domestico e nelle campagne. Come? Con la costruzione di un dissalatore che possa mettere la parola fine a un’emergenza reiterata ormai da troppo tempo.

 

Fabiana Mascolino

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