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Crisi del vino da tavola siciliano, la Cia chiede l’intervento delle istituzioni
di Angela Sciortino

vino da tavola

(di Redazione) Mentre il vino siciliano certificato miete successi e convince i consumatori europei e d’oltreoceano, c’è in Sicilia una grossa fetta della produzione che rimane invenduta in cantina e che preoccupa non poco i viticoltori.

Attualmente il prezzo del vino comune – una volta identificato dalla normativa come “vino da tavola” – in Sicilia è ancora sotto i 2 euro per ettogrado, circa 15-20 centesimi al litro. Lo scorso anno andava un pò meglio: veniva venduto a 40-45 centesimi, ma il prezzo era, comunque, sempre inferiore rispetto alla media calcolata dall’Ismea (54 centesimi).

L’allarme sulla crisi di mercato legata alla sovrabbondanza di produzione su tutto il territorio nazionale, era già stato lanciato dai vertici della Cia Sicilia Occidentale. A distanza di qualche settimana, la situazione non è cambiata e la conferma è arrivata nel corso di un incontro organizzato dal gruppo dirigente dell’organizzazione professionale agricola che ad Alcamo ha incontrato i soci e i gruppi dirigenti di alcune cantine del Trapanese.

crisi vino da tavola

Antonino Cossentino, presidente Cia Sicilia occidentale

L’allerta dunque rimane alta e la prima cosa che verrà messa in campo è la richiesta di un incontro con l’assessore regionale all’Agricoltura Edy Bandiera. «C’è in atto una grave crisi di mercato per il vino che sta mettendo in ginocchio l’area del Trapanese che, ricordiamo, è la provincia italiana più vitata. Occorre un intervento deciso per scongiurare il peggio e permettere a centinaia di aziende di continuare a sopravvivere», ha commentato Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale. All’incontro, presenti i soci e i dirigenti delle cantine Petrosino, San Francesco Di Paola, Fiumefreddo e Sant’Antonino e Antonio Lombardo deputato del Movimento 5 Stelle, componente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, che ha annunciato la presentazione di un’interrogazione parlamentare sulla questione.

Secondo i dati sulle giacenze contenuti nel bollettino “Cantina Italia” emesso il marzo scorso dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi del Ministero (Icqrf), il Veneto detiene circa 1,8 milioni di ettolitri (+350 mila rispetto a un anno fa). Giacenza quasi doppia rispetto a quella siciliana (poco più di un milione di ettolitri) dove però la superficie vitata per il vino comune è il doppio rispetto a quella veneta (quasi 9 mila ettari contro 4360). In testa alla classifica c’è, comunque, l’Emilia Romagna, con oltre 4 milioni di ettolitri di giacenza, seguita dalla Puglia con 2,2 milioni.

Il vino comune non ha un disciplinare rigoroso come Doc e Igt. È regolamentato dal Testo unico (legge 238/2016) che prevede, ad esempio, una resa massima di 500 quintali di uva per ettaro (a cui corrispondono tra i 350 e i 400 ettolitri di vino). In Sicilia, a seconda del tipo di coltivazione, intensiva o meno, la resa si aggira tra i 160 e i 200 quintali.

Secondo la Cia Sicilia occidentale, per evitare in futuro situazioni simili di eccessi produttivi e giacenze elevate, bisognerebbe agire su due fronti: abbassare il tetto delle rese massime da 500 a 250 quintali per ettaro e mettere definitivamente al bando la pratica dello zuccheraggio del vino, concesso dalla normativa europea in Francia e in Germania ma anche in alcune zone dell’Italia (Valle d’Aosta, Trentino e nella provincia di Belluno). Nel resto del Belpaese, invece, lo zuccheraggio viene considerato una frode, un reato penale.

Infine la Cia Sicilia Occidentale chiede una maggiore attenzione sui controlli straordinari nei confronti di quelle aziende che, a qualsiasi latitudine, abbiano presentato dichiarazioni di raccolta “anomale”.

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