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Crea: il sistema agroalimentare vale il 15% del Pil italiano
di redazione siciliarurale

ll sistema agro­alimentare, inteso complessivamente come agricoltura, silvicoltura e pesca, si conferma settore chiave della nostra economia, in tutte le sue componenti (agricoltura, agroindustria e commercio all’ingrosso e al dettaglio e ristorazione), raggiunge un peso del 15% del Pil italiano, come media stabile degli ultimi anni. Messo alla prova dalla pandemia, il sistema ha saputo essere resiliente rispetto alla media generale dell’economia. A dirlo è il Crea insieme al suo Centro Politiche e Bioeconomia, attraverso l’Annuario dell’Agricoltura italiana 2019 corredato quest’anno dal Rapporto sul commercio estero dei prodotti agroalimentari 2019 con anticipazioni 2020 e dal Rapporto “L’emergenza Covid-19 e il settore ittico italiano: impatto e risposte”

Nonostante la superficie nazionale sia circa la metà di quella spagnola e francese, l’agricoltura italiana conferma la sua leadership europea: è la prima agricoltura d’Europa per valore aggiunto e la terza per produzione lorda vendibile. L’Italia è primo produttore mondiale di vino in volume primo produttore europeo in valore nella produzione di ortaggi. Nel 2019 il valore della produzione agricola è stato di 57,3 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente, di cui oltre il 50% dovuto alle coltivazioni, il 29% circa agli allevamenti e la restante parte alle attività di supporto e secondarie.

Crescita significativa nell’ultimo decennio per l’industria alimentare con +12% di valore aggiunto (circa il doppio rispetto a quello del manifatturiero) e +8% dell’indice della produzione, a fronte di una diminuzione generale. Indiscusso il contributo dell’agricoltura e dell’industria alimentare (incidenza sul settore del 64%) alla bioeconomia, che, con un fatturato in crescita (+1,3%) di oltre 324 miliardi di euro, costituisce ormai uno degli elementi di forza dell’economia italiana.

Le produzioni di qualità certificata (DOP-IGP) che, meglio di altre, hanno fatto fronte alle difficoltà legate alla pandemia, si confermano tra le più dinamiche dell’agroalimentare italiano, con un valore che raggiunge i 17 miliardi di euro (+oltre il 4%), tra componente alimentare e vinicola, circa il 19% del totale dell’agro-alimentare italiano.

Dal punto di vista strutturale sono oltre 1,5 milioni le aziende agricole, di cui il 27% sono imprese che intrattengono rapporti stabili di mercato, ricoprono il 65% della SAU (superficie media di 21 ha, superiore alla media nazionale) e rappresentano il 75% della produzione standard complessiva. Le imprese non specificamente orientate al mercato, invece, sono circa il 66% del totale (di cui il 36% ha rapporti solo saltuari e il 30% dedito al solo autoconsumo) e occupano complessivamente circa il 29% della Sau totale.

In merito al sostegno pubblico, sono andati al settore agricolo circa 11,9 miliardi di euro nel 2019, ma in calo rispetto agli anni precedenti: dal 2015 al 2019, infatti, si è verificata una riduzione oltre 1,3 miliardi di euro (-10%), quasi totalmente derivante da minori agevolazioni nazionali.

Sul fronte degli scambi commerciali, come evidenziato dal Rapporto sul commercio estero 2019, netta è stata la riduzione del deficit della bilancia agroalimentare italianasceso largamente al di sotto di 1 miliardo di euro nel 2019, a fronte dei 5 miliardi del 2015 e degli oltre 9 miliardi del 2011. Si tratta di un dato straordinario, confermato dai primi 9 mesi del 2020, in cui, addirittura, si verifica un cambio di segno nel saldo, per la prima volta positivo dall’inizio della serie storica, grazie alla crescita tendenziale delle esportazioni (+0,8%) a fronte di un importante calo delle importazioni (-4,4%). In particolare, l’export, dopo un’ottima performance nei primi tre mesi dell’anno (+6,3%) e un calo nel secondo trimestre (-4,6%) soprattutto a maggio, ha visto una ripresa dei flussi, confermata al termine del terzo trimestre 2020 (+0,8%). I settori dell’export più colpiti dagli effetti del Covid-19, nel secondo trimestre 2020, sono stati il florovivaismo, le carni, i prodotti dolciari e il vino, parzialmente compensati dalla crescita di altri importanti prodotti del Made in Italy, come la pasta, le conserve di pomodoro e l’olio di oliva.

Relativamente al settore della pesca e dell’acquacoltura, il Rapporto sull’emergenza Covid fa il punto con NISEA e mette in evidenza quanto abbia ampiamente risentito della crisi pandemica, con un calo della domanda di prodotto fresco (-29% in valore a marzo e -17% ad aprile). In termini di scambi commerciali con l’estero, il settore è tra i più colpiti dagli effetti delle misure di contenimento del Covid-19 e dalla conseguente crisi economica (-16% in valore le importazioni nel I semestre 2020). Le imprese di acquacoltura hanno subìto una forte riduzione nelle vendite, soprattutto tra marzo e aprile, ad eccezione del canale della grande distribuzione. Le attività di pesca hanno cercato di adattarsi alle richieste del consumo domestico, anche attraverso il ricorso a nuove modalità di commercializzazione, quali la vendita diretta, le prenotazioni a distanza, gli acquisti on-line e le consegne a domicilio.

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