(di Redazione) L’imposizione di prodotti regionali da commercializzare è anticostituzionale e chiunque prometta iniziative di questo genere, addirittura imponendo per legge che nella Gdo, la grande distribuzione organizzata, il 50 per cento dei prodotti siano siciliani, lo fa perché è in campagna elettorale. Nessuna norma regionale o nazionale può stabilire percentuali simili. Lo afferma Coldiretti Sicilia in riferimento alle dichiarazioni seguite allo scandalo del pomodoro Pachino importato e venduto nel paese siracusano e ai conseguenti disegni di legge regionali indicati da alcuni deputati all’Ars che alimentano solo false speranze.
Di diversa natura è la promozione e il sostegno alle produzioni agricole e alimentari dei piccoli comuni anche in forma associata per garantire il consumo e la commercializzazione dei prodotti.
Il made in Sicilia è un brand che va consolidato ed esiste una norma – ricorda Coldiretti – la legge n. 158 del 2017 che consente proprio ai piccoli comuni c
he rappresentano il tessuto agricolo siciliano, di agire anche in forma associata per tutelare la filiera corta (il riferimento è ai cosiddetti Distretti del cibo).
Impossibile difendere, quindi, le produzioni regionali con un “obbligo” imposto per legge di commercializzare le produzioni locali perché così si ledono i principi di libero scambio. Ma per Coldiretti Sicilia sono possibili soluzioni alternative. Quali? Una può essere la registrazione di marchi di qualità regionali il cui utilizzo deve essere garantito a qualsiasi produttore residente nell’Unione europea che rispetti il regolamento e le condizioni di qualità fissate nel disciplinare di produzione, al fine di assicurare il rispetto del principio di libera concorrenza tra gli Stati membri dell’Ue.
Sul tema è intervenuto anche l’eurodeputato siciliano Giovanni La Via secondo cui per proteggere il pomodoro Pachino sono da rivedere gli accordi commerciali Ue-Camerun. L’intervento è stato chiesto con un’interrogazione urgente alla Commissione europea. Un “paradosso”, attacca La Via, per la località simbolo del pomodoro con denominazione Igp. «Ogni giorno – ha dichiarato La Via – le aziende più piccole faticano per sopravvivere, e quel pomodorino proveniente da un altro continente ha il sapore di una beffa». La Via propone di intervenire anche attraverso un confronto con la Gdo, affinché ciascuno possa fare la propria parte per trovare una soluzione.