(di Angela Sciortino) Mille e trecento impianti agricoli, quattro miliardi di investimenti e oltre 10 mila occupati: sono questi nel Nord Italia i numeri del biometano che rappresenta la vera rivoluzione verde e un modello sostenibile di economia circolare. Un modello basato sul paradigma innovazione, qualità, tutela per l’ambiente, rispetto della tradizione, e capace di trasformare ogni scarto una risorsa. Numeri irriproducibili, al meno al momento in Sicilia dove, invece, gli impianti a biogas, il combustibile che si produce durante la fermentazione di materiale organico in assenza di ossigeno, sono solo tre. Nonostante il nostro territorio possa contare su biomasse uniche, tipiche delle zone mediterranee (pastazzo, sulla, siero, pollina, sansa) e nell’Isola ogni anno si producano 300 mila tonnellate di pastazzo di agrumi e 1 milione di tonnellate di sanse esauste. Tutti rifiuti che, oggi difficili da smaltire, potrebbero diventare sottoprodotti ed essere usati in impianti di biogas e biometano. Con un rilevante vantaggio non solo per l’ambiente ma anche per l’economia: si contribuirebbe alla “decarbonizzazione” del settore dei trasporti e si darebbe una spinta alle regioni del centro-sud, il cui potenziale produttivo di biometano al 2030 è stimato in 3 miliardi di metri cubi e corrisponderebbe a un aumento del Pil dello 0,3%.
Di biometano e delle possibilità di adozione di specifiche tecniche di valorizzazione delle biomasse prodotte dall’agricoltura siciliana, si parlerà giovedì prossimo, 7 dicembre, ore 9,30, nell’Aula Magna del Polo Bioscientifico del Dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania (Di3A) nel corso del convegno conclusivo del progetto di ricerca “Innovazioni per lo sviluppo del biometano da matrici mediterranee (Inno-Biomed)”. Il progetto, nato all’interno del Di3A Catania, e sviluppato con il supporto del Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione (Cib), Crpa e dal Crea-Ofa, grazie a un finanziamento del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Dopo i saluti di Salvatore Luciano Cosentino, direttore Di3A Catania, e di Francesco Abate, direttore generale per la promozione della qualità agroalimentare del Dipartimento delle Politiche Competitive, della qualità agroalimentare, ippiche e della pesca del Mipaaf, il progetto, giunto alle battute finali dopo l’avvio nell’aprile del 2016, verrà illustrato dal responsabile scientifico, Biagio Pecorino, ordinario di economia ed estimo rurale presso il Di3A dell’Ateneo catanese.
Interverranno alla tavola rotonda: Claudio Fabbri del Centro ricerche produzioni animali Spa; Paolo Rapisarda, Flora Romeo e Gabriele Ballistreri tutti del Crea-Ofa di Acireale; Christian Curlisi, Consorzio Italiano Biogas e Gassificazione; Stefano La Malfa, Nicoletta Zingale, Giuseppe Manetto, Emanuele Cerruto, Giovanni Cascone, Claudia Arcidiacono, Francesca Valenti, Gioacchino Pappalardo, Mario D’Amico e Roberta Selvaggi del Di3A di Catania. Le conclusioni sono affidate a Giuseppe Castiglione, sottosegretario di Stato alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Nei venti mesi di ricerca del progetto, oltre all’utilizzazione degli scarti e dei sottoprodotti, sono state prese in esame anche le biomasse da agricoltura mediterranea in rotazione a colture alimentari e alcune permanenti come l’Opuntia ficus indica (fichi d’india). Per la produzione di biometano si è resa necessaria anche un’analisi sulla localizzazione territoriale al fine di valutare le esternalità negative che una logistica complessa comporta in termini di emissione di CO2.
La parte finale del progetto sarà dedicata alle prove di utilizzo del digestato, sottoprodotto che rimane negli impianti di biogas una volta esaurito il processo di digestione anaerobica, e che, ridistribuito sui terreni quale ammendante e fertilizzante organico, chiude il ciclo biologico e produce una base importante per la bio-fertilizzazione dei suoli, evitando cosi la loro desertificazione e migliorando le produzioni agricole.