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Apicoltura, arnie ferme nel Sud-Est della Sicilia per colpa dell’Aethina tumida
di Angela Sciortino

Aethina tumida

(di Angela Sciortino) Un disastro annunciato. Per la florida apicoltura della Sicilia Sud-orientale le recenti disposizioni previste dal decreto del Ministero della Salute (10 settembre 2019) che modifica e integra il decreto 19 novembre 2014 intitolato «Misure straordinarie di eradicazione e indennizzo conseguente all’infestazione da Aethina tumida», si traducono in una vera e propria débâcle, seminando panico e disperazione tra parecchi apicoltori. 

Tutto nasce dal ritrovamento del nuovo focolaio di Aethina tumida, pericoloso parassita degli alveari, in contrada Armicci nel territorio del comune di Lentini.

Il decreto definisce “zona di protezione” un’area di 20 chilometri di raggio a partire dall’ultimo focolaio individuato e inoltre determina una “zona di sorveglianza” come un’area di almeno 5 chilometri di raggio, individuata a partire dal margine esterno della zona di protezione. Nell’area così individuata – un cerchio del raggio di 25 chilometri di raggio – insistono ben 22 comuni tra i più famosi per la loro vocazione apistica. «Un disastro, insomma» – sbotta Vincenzo Stampa, presidente della sezione siciliana della Fai, la Federazione Italia Apicoltori.

Aethina tumida

Stampa, solleva poi anche dubbi sulla precisa individuazione del focolaio che sarebbe stato individuato in contrada Armicci all’interno del territorio del comune di Lentini, località che, a quanto pare non esiste. Esiste una contrada Armiggi, ma sarà davvero questa, quella a cui si riferisce il dispositivo di polizia veterinaria? «Se non si identifica con precisione la posizione del focolaio – osserva Stampa – si rischia di non individuare con esattezza il limite esterno di detta area».

Nelle due zone di protezione e sorveglianza vige il divieto di movimentazione verso l’esterno di alveari, sciami, nuclei, pacchi d’ape, api per impollinazione e api regine, favi e melari, ma anche il divieto di introduzione o di transito di alveari, sciami, nuclei, pacchi d’ape, api per impollinazione, api regine nonché favi e melari senza la preventiva autorizzazione da parte della Asp territorialmente competente.

«Il focolaio era ragionevolmente identificato e limitato visto che si è trattato del ritrovamento di due esemplari adulti in un apiario tracciato che era stato rubato in Calabria, ma nonostante ciò la Commissione europea ha deciso di bloccare la vendita e gli spostamenti fuori dall’isola di tutto il materiale apistico siciliano per i prossimi tre anni», dichiara Giovanni Caronia, presidente dell’Arpa, l’Associazione regionale produttori apistici. 

La cosa grave è che a quanto pare questa decisione abnorme è stata presa in assenza di contradittorio istituzionale italiano. «Sembra che né la sanità siciliana, né il ministero della salute, né l’Izs delle Venezie abbiano preso parte alla riunione di Bruxelles», riferisce Caronia che aggiunge: «Si tratta di una decisione abnorme e inutilmente penalizzante per centinaia di aziende siciliane. Per altro gli stessi veterinari provinciali auspicavano e ritenevano sufficiente che ci si limitasse a bloccare le movimentazioni nel raggio di 10 km».

Il recente decreto del Ministero della Salute consente, previo controllo a campione da parte dei veterinari, di spostare per nomadismo gli alveari che si trovano nella fascia di sorveglianza dei 5 km (oltre i 20). Siccome l’area interessata al blocco è tra le più densamente popolate di apiari e apicoltori, durante la stagione produttiva sarà impossibile per i veterinari star dietro a tutte le richieste di movimentazione nelle varie forme. 

«In tutti questi anni – sottolinea Caronia – l’assessorato alla Salute non è stato in grado di organizzare una sorveglianza continuativa in un luogo puntiforme come lo stretto di Messina. Se ci fosse stata, avrebbe impedito l’attuale disastro. Chi pensa (e scrive) di voler controllare un territorio così vasto (25 km di raggio) con l’attuale organico può solo suscitare un moto di tenerezza».

Possibile che la Commissione Ue possa rivedere la propria decisone? «Con immenso rammarico – conclude il presidente dell’Ars – ho dovuto prendere atto che la proposta fatta dall’Aras alle altre associazioni apistiche siciliane per una azione comune volta a rimettere in discussione la scelta comunitaria, è caduta nel vuoto». 

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