Abbiamo sempre parlato di cambiamenti climatici e lo facciamo da tanto tempo, l’anomalia principale, la causa delle conseguenze disastrofiche che la nostra Isola si trova ad affrontare. Già negli ultimi 8-9 mesi era diventato ancora più chiaro quanto fossero negative le prospettive, “e quando c’è il forte sentore, diventa evidente che non c’è prospettiva di pioggia ed è lì che ci si attiva in maniera ancora più esplicita”. Queste sono state le parole di Andrea Passanisi, presidente di Coldiretti Catania.
Non esiste una scala di priorità, ogni settore sta subendo la siccità ma il comparto zootecnico è quello che al momento sta soffrendo moltissimo, più di altri. “L’allevatore ha un doppio onere, quello di sfamare l’animale e di farlo quotidianamente. Cosa è successo negli ultimi mesi? Abbiamo toccato con mano la vera conseguenza dell’evidente siccità, le colture scompaiono, è tutto secco. E non è secco oggi, che è estate, questo è fisiologico, ma era tutto secco anche ad aprile. In questo caso la mucca non mangia, non mangiando di conseguenza non produce o produce pochissimo, muore. Quindi abbiamo dato priorità all’allevamento perché gli animali hanno bisogno di mangiare”.
La stessa Coldiretti è stata a muovere una campagna nazionale di solidarietà, donando 1 milione e mezzo di fieno per sfamare gli animali (CLICCA QUI). In 10 mila si sono mossi, dormito in tenda (CLICCA QUI) sotto il palazzo della Regione, per poter dare seguito a continue richieste di aiuto da parte di allevatori e agricoltori, “in pochi giorni siamo riusciti a sbloccare i voucher, da questo punto di vista il governo è stato molto rapido, da quando si è innescato il sistema di raccolta dati, evidenziando in qualche modo quali fossero le necessità primarie“.
“Abbiamo dato seguito al comparto zootecnico, ma allo stesso tempo le difficoltà investono anche tutti gli altri“. Il comparto cerealicolo, per esempio, si trova in grossa difficoltà, avevamo già visto come (CLICCA QUI) in alcune aree della Sicilia ma in particolar modo nelle zone del Catanese, dell’Ennese e una piccola parte dell’Agrigentino e del Palermitano, il grano non è riuscito completamente a crescere, non si è formata la spiga per la forte siccità. Materialmente la coltivazione è stata completamente abbandonata e in alcuni casi gli agricoltori si sono trovati costretti a tagliare il grano come se fosse fieno per recuperare quel minimo che si poteva recuperare. I pascoli, inoltre, non hanno prodotto foraggio e quello che in un primo momento è riuscito a sopravvivere è stato danneggiato dalle piogge di maggio.
Il comparto agrumicolo è nella medesima situazione. La mancanza di piogge che non ha permesso di ricostruire le riserve degli invasi ha generato conseguenze dirette sugli agrumi che hanno raggiunto una pezzatura più piccola del normale e le olive che non hanno completato la loro maturazione. “La nostra storia e la nostra tradizione sta subendo grossi problemi. Mi ritrovo ogni giorno segnalazioni di centinaia di aziende”. Fino a qualche giorno fa gli agricoltori del Trapanese si sono trovati a fare ore ed ore di fila per po’ di acqua, per poi andare via senza alcun “aiuto”, a causa delle tubature rotte. E’ una situazione che si ripete quasi ogni giorno, un rito arcaico per la prenotazione delle irrigazioni nelle zone di Campobello di Mazara e Castelvetrano.
La cosa paradossale è che nonostante la siccità e le segnalazioni fatte da Coldiretti già dall’inverno scorso non si è ancora avviato un sistema di manutenzione che possa permettere agli agricoltori di lavorare. “Un solo pilone del ponte sullo Stretto basterebbe a creare invasi con moderni sistemi di pompaggio e così si potrebbe ammodernare la rete di tutta la regione”.
Considerando la riserva idrica disponibile in questo momento, molti agricoltori si trovano costretti a ridurre le chiome, ovvero ridurre la pianta, in questo modo si abbassa e si limita in qualche modo il fabbisogno di acqua della pianta stessa. “La cosa più importante è la programmazione, prevenire”.
“Tutto questo è la causa del cambiamento climatico“. Non si parla solo di siccità, ma di perturbazioni fuori dal normale, che non sono usuali per la nostra fascia climatica, temperature che non rispettano più la stagionalità, “imprevedibilità metereologica”.
Qual è la soluzione? “Dato che siamo a conoscenza di questa situazione, dobbiamo programmare. Per ciò che riguarda la mancanza di acqua si dovrebbe mettere in campo uno studio di geologi e cercare di rimappare la Sicilia. Dagli studi fatti 30-40 anni fa qualcosa è cambiato, è evidente. Serve uno studio approfondito, si deve cercare l’acqua”.
Dovremmo sfruttare le risorse che abbiamo. “Serve una programmazione di investimenti sul recupero delle acque reflue, per esempio, per essere poi utilizzate nel sistema agricolo. Dobbiamo pensare al futuro. Recuperiamo tutti i depuratori e i dissalatori per l’uso civile, sistemi in uso negli altri paesi, noi siamo indietro“.
“Bisogna darsi da fare, per il momento puntiamo sulla qualità“.