(di Vittorio Corradino) «L’alluvione di Ispica? Un evento che può verificarsi ogni duecento anni». Il che tradotto vuol dire che i cittadini e gli agricoltori di quella martoriata zona della Sicilia per il futuro prossimo venturo potranno stare sereni. E con loro anche le prossime otto-nove generazioni a venire. Nel 2220, ad occhio e croce, i nostri discendenti avranno certamente mezzi e strumenti scientifici oggi inimmaginabili, per potere contrastare qualsiasi altro disastroso evento atmosferico.
La ricetta, insomma, è semplice: basta rimandare alla provvidenza futura anche le disgrazie di oggi e potremo dormire tutti sonni tranquilli, con buona pace di chi ha subìto enormi danni alla propria attività economica e, in qualche caso, perso anche un marito o un padre.
Usare la statistica per spiegare un disastro naturale è la nuova arma che la Protezione Civile siciliana sta mettendo in campo per fronteggiare alluvioni ed esondazioni di fiumi e torrenti. «Le prime rilevazioni sulle piogge cadute nella Sicilia Centro-Sud orientale in questo fine settimana, ci dicono che si è trattata di una situazione eccezionale che in alcuni casi può verificarsi ogni duecento anni», ha spiegato senza mezzi termini il capo della Protezione Civile della Presidenza della Regione, Calogero Foti. E ancora: «La violenza delle precipitazioni con caratteristiche differenti nelle diverse zone geografiche dell’Isola e la loro concentrazione in poco tempo, ha fatto il resto, causando notevoli danni in numerosi comuni».
Quindi, perché parlare, ad esempio, di una inesistente o, peggio, scriteriata gestione del territorio, se invece si può fare appello alla statistica per spiegare disastri e macerie? E perché cercare le responsabilità di enti e amministratori compiacenti, che negli anni hanno concesso autorizzazioni e licenze di costruzione anche in zone dove l’esistenza di vecchie cave e depressioni consigliavano maggiore prudenza? Molto più facile prendersela con il Padreterno, che ogni duecento anni circa infierisce sulla Sicilia quasi fosse una Sodoma di biblica lettura.
Non ce ne voglia, ma al Capo della Protezione Civile vorremmo consigliare alcune letture, non di ingegneria idraulica, per carità, ma utili a valutare in futuro le dichiarazioni pubbliche da rilasciare in caso di eventi analoghi. Anzitutto, Il cigno nero, libro cult dell’economista libanese-americano Nassim Nicholas Taleb e, prima ancora, sempre dello stesso autore, Giocati dal caso. E, perché no?, anche How Randomness Rules Our Lives, del matematico di Berkeley Leonard Mlodinow, che in Italia è stato pubblicato col titolo La passeggiata dell’ubriaco. Chissà, forse dopo queste letture i duecento anni non saranno più così statisticamente rilevanti. E se è vero che il caso e l’improbabile comandano comunque la nostra vita, anche la politica nel suo piccolo può fare molto, limitando, almeno percentualmente, la possibilità che gli eventi naturali catastrofici si verifichino laddove sia possibile almeno ipotizzarli. Detto francamente, sarebbe già tanto.